Introduzione allo Steampunk, terza parte

Nei precedenti articoli abbiamo spiegato che lo Steampunk è fantascienza moderna retrofuturistica ispirata alla narrativa fantastica e alla storia dell’Ottocento e abbiamo affrontato la natura dell’estetica Steampunk. Oggi tiriamo le fila del discorso con alcune considerazioni ulteriori e approfondiamo un argomento utile per chi progetta ambientazioni steampunk (per la narrativa o per giocare), ovvero il problema della verosimiglianza nella retrofantascienza.

L’Ottocento come base per lo Steampunk

Nei film e nei fumetti spesso lo Steampunk si ferma alla sola estetica, per cui si tratta più di opere dal sapore Steampunk che non Steampunk in sé come contenuti. L’aspetto è Steampunk, ma l’essenza, l’agenda creativa inscindibile dall’opera, non è Steampunk: cambiando l’estetica e un paio di dettagli la stessa opera potrebbe venire proposta quasi immutata. Per un fumetto o per un film può anche andare bene, ma l’ideale è che l’opera sia Steampunk in tutto, ovvero anche nel recupero di idee d’epoca e nella profondità dello riscoperta storico-fantascientifica filtrata dallo spirito punk (in una delle accezioni viste).
Come già detto, una delle migliori opere Steampunk è proprio il fumetto The League of Extraordinary Gentlemen da cui non è possibile togliere lo Steampunk senza cancellare i primi due volumi: è Steampunk nella sua essenza. Ci sono anche opere zeppe sia di estetica Steampunk che di spirito gonzo Steampunk come Wild Wild West, ma stenderei un velo pietoso sulla sua qualità.

Nemmeno Don Chisciotte andava matto per l’epoca in cui viveva.

Nemmeno Don Chisciotte andava matto per l’epoca in cui viveva.

Oltre allo Steampunk come genere narrativo oppure come oggetti il cui aspetto li fa sembrare usciti da una ucronia Steampunk, bisogna guardare oltre, al generale risveglio di interesse verso l’Ottocento iniziato a partire dagli anni 1960-1970 ed esploso nel ventunesimo secolo, di cui lo Steampunk è semplicemente l’espressione nell’ambito della narrativa fantastica.

Lo Steampunk è parte di un risveglio culturale più ampio, probabilmente legato alla disillusione verso il “futuro” e alla ricerca di una alternativa nel passato. Un futuro non collocato davanti a noi, dove le possibilità sembrano poco appetibili, ma dietro di noi.
I Vittoriani ebbero come fuga dal presente in cui si trovavano a disagio un mondo precedente la rivoluzione industriale, un Medioevo idealizzato, anche con elementi fantasy, e noi abbiamo un mondo industriale precedente la rivoluzione informatica:  un Ottocento alternativo, fantascientifico.

Lo Steampunk per riscoprire l’Ottocento

Lo Steampunk sta favorendo ulteriormente l’interesse verso un passato da ammirare, da studiare e da riscoprire per farlo proprio, oltre la sola estetica. Lo Steampunk autentico, a tutto tondo, è una cultura fatta di vera riscoperta del meglio dimenticato del passato e del modo in cui quel meglio può influenzare il presente e il futuro. Facendo un esempio pratico: riscoprire la mentalità della Germania Imperiale, il culto per l’eccellenza anche oltre le necessità del prodotto da vendere, riassunta dal motto “Suum Cuique”.

Lo Steampunk è fatto anche della riscoperta delle bizzarrie, delle bellezze e delle miserie dell’Ottocento, per rileggere il mondo di oggi sapendo che 100-150 anni fa le cose non erano poi così diverse, che quella gente non era poi così diversa da noi.
Era un mondo in piena globalizzazione, in cui le informazioni viaggiavano a una velocità impossibile fino a pochi decenni prima. Un mondo affascinato e spaventato dalle possibilità del futuro, in bilico tra il passato pre-industriale che aveva abbandonato e un futuro ignoto. Un mondo che a cavallo tra Ottocento e Novecento era ossessionato dal terrorismo. Non molto diverso dal nostro mondo in bilico tra la fine della relativamente sicura e rassicurante Guerra Fredda e un futuro incerto.

Leggendo la storia del Regno d’Italia raccontata da Denis Mack Smith ne I Savoia Re d’Italia, si vede un mondo di estrema frammentazione parlamentare, di ribaltoni, di figuracce internazionali, di macchiette, di scandali molto moderni: è possibile estrarne paragrafi che sembrano parlare dell’Italia di oggi e, se li si riproponesse senza indicare la fonte, moltissime persone li scambierebbero per giornalismo attuale.

Sapendo tutto questo si può sorridere sia del presente che del passato, o meglio di quell’eterno presente con abiti e date cambiate in cui viviamo, come faceva la prima generazione “gonzo-historical” dello Steampunk. Il sorriso amaro di chi si accorge di vivere in un mondo che pare uno scherzo di dubbio gusto.

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Fare Steampunk: un genere non facile…

Lo Steampunk per l’enorme mole di conoscenze che richiede per essere affrontato con cognizione di causa, coinvolgendo molte discipline diverse tutte di pari importanza, è un genere difficile da trattare senza scadere nelle solite banalità. Lo Steampunk fatto bene richiede che tutte le conoscenze necessarie per fare seria Fantascienza moderna (inclusa quindi la Storia della Fantascienza nel Novecento) vengano affiancate da una discreta conoscenza della Fantascienza dell’Ottocento, di Storia (della moda, militare, sociale ecc…) e dei romanzi del periodo, anche NON fantascientifici.

… che rende il tutto più facile!

Lo Steampunk concede il vantaggio di poter sfruttare un passato tecnologicamente molto più comprensibile e facile del mondo di oggi. Pensiamo ai problemi degli sceneggiatori di horror quando i cellulari si diffusero: non poter più isolare facilmente i personaggi cancellò un elemento tipico, e fin troppo sfruttato, dell’horror. Tant’è che per parecchi anni fecero finta che i cellulari non esistessero, per non dover cambiare radicalmente il modo di concepire le storie.
Lo Steampunk permette di immaginare un presente retrofuturistico senza radio e senza cellulari, tutto cablato come il mondo futuro immaginato da Albert Robida ne Le Vingtième Siècle del 1883. Eserciti senza comunicazioni radio, costretti a costruire da zero grandi reti telefoniche mentre avanzano, come fecero i Giapponesi in Cina nel 1904-1905 contro i Russi.

Situazioni molto più facili da gestire per adoperare soluzioni classiche di isolamento, assedi tradizionali, attacchi a sorpresa, rispetto all’attuale mondo della guerra fondata su C&C, swarming, comunicazione continua, informatica di massa, satelliti di sorveglianza, feedback positivo, dispositivi di disturbo elettronico anti-trappole, attacchi aerei da basi lontanissime comandati via radio ecc… chiunque non sia edotto sulle pratiche più all’avanguardia negli eserciti di cui vuole trattare, tutte informazioni irreperibili senza aver servito in quegli eserciti, rischia di scrivere baggianate demenziali. No, le testimonianze narrative non contano: pensate a tutte le modifiche che fecero mettere in Pattuglia Bravo Two Zero per non far trapelare nessuna delle moltissime informazioni pratiche segrete.

Il Prigioniero di Zenda

“Ah, signora mia, un tempo era tutto più semplice!”

Anche rimanendo sull’ambito fantascientifico, non è così immediato capire come ragionare. Rispondiamo a questa domanda, un rimaneggiamento di una che mi venne fatta un paio di mesi fa, per capire l’applicazione pratica della complessa natura dello Steampunk, in bilico tra conoscenze di oggi e recupero del passato:

Se decidessi di ambientare una storia nel Lungo XIX Secolo e volessi dargli un’impronta da fantascienza d’epoca, quanto verosimile deve essere la mia fanta-scienza?

Per iniziare, domandiamoci cosa accomuni Fantascienza e Fantasy. Facile rispondere: il What If, ovvero “cosa accadrebbe se”. Non per niente in inglese si usa l’espressione Speculative Fiction per descrivere entrambi i generi assieme e quest’espressione fa loro più giustizia dell’equivalente italiano Narrativa Fantastica. Proprio per questa natura “speculativa” la piattezza di idee, la mancanza di “speculazione” nei prodotti rifilati alle masse, deprime così tanto i veri appassionati. Si produce robaccia in stile “è fantascienza solo nel senso che ci sono le astronavi” oppure “è fantasy solo nel senso che ci sono gli elfi”: l’estetica dei generi senza l’agenda creativa dei generi, l’apparenza senza l’essenza.

Nella Fantascienza l’ipotesi di cui si indagano le conseguenze è un’ipotesi possibile, diciamo, per quanto improbabile. Cosa accadrebbe se… l’esercito disponesse di esoscheletri corazzati che aumentino incredibilmente rapidità e volume di fuoco di ogni singolo fante… cosa accadrebbe se in un universo alternativo le forze nucleari fossero di intensità diversa che nel nostro permettendo l’esistenza stabile di isotopi impossibili, ed entrasse in contatto con il nostro universo. È facile riconoscere in questi due esempi Fanteria dello Spazio di Heinlein e Neanche gli Dei di Asimov.

The Coming of Fairies - Arthur Conan Doyle

Anche Arthur Conan Doyle sapeva che gnomi, folletti e fatine esistono. Non come quelli che hanno tre lauree e poi non sanno niente.

Nel Fantasy si ipotizza che qualcosa di palesemente impossibile sia vero e si indagano le conseguenze. Cosa accadrebbe se… le fatine dei denti esistessero e fossero in combutta con i dentisti americani per plagiare la popolazione e fare un colpo di stato? Molto fantasy, sfortunatamente, proprio come accade allo Steampunk, adotta solo una “estetica” Fantasy senza che l’impossibile, la magia (spesso ridotta a tecnologia sostitutiva per cellulari e pistole), i miti con il loro simbolismo, siano in alcun modo al centro della vicenda. Come già detto nel primo articolo dell’introduzione, un eccellente Fantasy a livello di contenuti e di recupero/modernizzazione dei miti è The Iron Dragon’s Daugther (si pensi al pesante influsso di The White Goddess di Robert Graves).

Infine c’è lo Science-Fantasy che possiamo interpretare come un mix di fantascienza e di fantasy (secondo i due What If indicati prima, entrambi presenti assieme) oppure come “una vena di realismo scientifico data a questioni che non possono essere reali”. Lo Steampunk spesso, se ben fatto mischiando fantasticherie d’epoca su magia, occultismo, spiriti ecc. con la tecnologia retrofuturistica, ricadrà nello Science-Fantasy.

Verosimiglianza e duplice coerenza

Una volta decisi gli elementi fantastici, come bisogna orientarsi sul resto dell’opera?
Facile, come diceva già Lovecraft nel saggio Notes on Writing Weird Fiction, dove spiega che i fatti inconcepibili, fantastici, hanno un handicap speciale da superare, ovvero (come si dice abitualmente nella narrativa fantastica) mantenere sospesa l’incredulità del lettore, e questa incredulità rimane sospesa solo se tutti gli elementi non fantastici risultano credibili, naturali e coerenti. Deve essere chiaro quali sono gli elementi fantastici con cui attirare il lettore e su cui sospenderà la sua incredulità, mentre tutto il resto deve essere verosimile. Solo una narrativa immatura, scadente e ciarlatana (dice Lovecraft) è incredibile, incoerente, priva in ogni suo aspetto di appigli con la realtà.

Serve verosimiglianza. Ora che questo è chiarito, torniamo allo Steampunk.
Recuperando le idee fantascientifiche ottocentesche è normale che alcune siano palesemente impossibili secondo le nostre conoscenze attuali. Pensiamo ai veicoli volanti di Robida, con “palloni” troppo piccoli rispetto alla massa spostata oppure il sottomarino a batterie di Verne efficiente come se fosse nucleare. Oppure pensiamo a ciò che ormai siamo piuttosto sicuri essere vero, per esempio che su Marte per sopravvivere non bastano cappotti molto pesanti e tende per la notte, con un’aggiunta di ossigeno stile alta montagna.

Robida, cavi e mezzi volanti

I veicoli volanti di Robida sono così fantascientifici da richiedere apparati antigravitazionali. Ovviamente Robida non è disposto a privarsene solo perché non esistono ancora (come Heinlein non rinunciò agli esoscheletri potenziati in Fanteria dello Spazio) né gli interessa inventare tecnofarfugliamenti da gonzo per “giustificare” ciò che la scienza ancora non permetteva di rendere plausibile: lui faceva Fantascienza, non Romanzi Scientifici!

Lo Steampunk deve allora essere verosimile riguardo al vero della Fantascienza dell’Ottocento quando si tratta di citazioni, e verosimile riguardo al vero della Fantascienza attuale (o delle scienze attuali) per ciò che non è recupero della Fantascienza dell’Ottocento. Due diverse verosimiglianze devono convivere. Tutto ciò che non è un elemento fantastico, sia fantasy che (retro)fantascientifico, deve essere il più possibile credibile, realistico. Soprattutto l’opera deve avere una impeccabile coerenza interna. Il problema non è un mostriciattolo marziano che solleva 5 kg pur pesando 200 grammi, perché una volta definite le caratteristiche del mostro queste sono parte della sua natura fantastica; il problema si presenta se quel mostriciattolo prima riesce a sollevare carichi simili e poi non è un grado di trascinare una sciabola da 1 kg.

La coerenza degli elementi realistici è sia esterna (verso la realtà) che interna (nell’opera), mentre quella degli elementi fantastici è ovviamente solo interna, non esistendo tali elementi nella realtà. Al più la coerenza degli elementi fantastici può essere parzialmente esterna, cioè ispirata a come pare funzionare il nostro mondo; per esempio nelle proporzioni tra forza e dimensioni di una creatura: un essere molto piccolo, come una formica, può sollevare decine di volte il proprio peso mentre un gigante umanoide alto cinquanta metri non riuscirebbe a sollevare il proprio fratello. Ma anche questo tipo di semi-coerenza esterna non è obbligatoria: lo diviene solo quando è utile a dirimere questioni di coerenza interna tra elementi fantastici diversi… appunto, siamo tornati all’unica coerenza richiesta agli elementi incredibili, quella interna.

Vuoi uno spazio denso di etere attraverso cui si muovono navi più simili a corazzate di primo ‘900 che a razzi spaziali? E che affrontano combattimenti in stile dogfight da XX Secolo? Bene, allora tutto deve essere coerente e realistico in quel senso, inclusa la progettazione intelligente e la gestione di navi che non dovranno affrontare i caccia nemici in arrivo solo dall’alto, ma che arrivano da ogni direzione. Cambiano un po’ le cose rispetto al mare con le navi più il cielo con gli aerei!

Vedremo un breve esempio di scenario Steampunk extra-terrestre nel prossimo articolo.


Provenienza dell’articolo

Questo articolo è apparso per la prima volta un anno fa su Sugarpulp Magazine in occasione del lancio di SteamCamp, una evento interamente dedicato allo Steampunk. Prima di questo articolo diviso in quattro parti c’erano state altri due articoli introduttivi, il più antico (e più letterario/rigido) risalente al maggio 2011.
Successivamente l’articolo è stato ripubblicato, in versione leggermente modificata, sul blog dell’autore (Baionette Librarie) e mesi dopo, con altre piccole modifiche stilistiche, sulla rivista Terre di Confine (primo numero della nuova edizione).
La versione che trovate qui è l’ultima, con ulteriori piccole modifiche e precisazioni (ma nessuna che riguardi la teoria esposta “in soldoni”). Grazie per averlo letto.

 

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