Introduzione allo Steampunk, un esempio marziano

Nei precedenti articoli abbiamo spiegato che lo Steampunk è fantascienza moderna retrofuturistica ispirata alla narrativa fantastica e alla storia dell’Ottocento, abbiamo affrontato la natura dell’estetica Steampunk e abbiamo discusso il problema della verosimiglianza nella retrofantascienza. Oggi partiremo da quanto detto nell’ultimo articolo e costruiremo un esempio di ragionamento per un’ambientazione Steampunk marziana.

Immaginiamo uno scenario Steampunk in stile prima guerra mondiale nello spazio.
Ipotizziamo che sia possibile colonizzare Marte preoccupandosi solo della temperatura notturna e della difficoltà di fare sforzi prolungati con poco ossigeno, come avviene nel videogioco cult per lo Steampunk Martian Dreams.
Dopo aver deciso questo aspetto “retrofantascientifico/fantastico” su cui il lettore ha già ben chiarito di essere disposto a sospendere la sua incredulità (altrimenti dopo aver visto la quarta di copertina non avrebbe proseguito la lettura), ragioniamo sulla logistica.

Inviare risorse e mezzi dalla terra richiede uno o  due anni di viaggio e grandi costi?
Bene, allora tutti gli aspetti della colonizzazione dovranno essere pensati coerentemente con queste premesse, con truppe e basi di dimensioni limitate buone solo per la guerriglia, piccole schermaglie e sabotaggi, incapaci di ricevere rapidamente aiuti dalla patria.
In più acqua e cibo, seppur rari da trovare, non dovranno essere impossibili, perché disporre solo di enormi scorte inviate dalla madrepatria ogni due anni non sarebbe realistico: quanta acqua andrebbe inviata, diciamo, per 1000 uomini per 800 giorni, tra quella per lavarsi, per cucinare e da bere? Temo troppa perché abbia senso, anche come costi di trasporto.

Marte, mappa di Giovanni Schiaparelli del 1888

Mappa di Marte realizzata da Giovanni Virginio Schiaparelli a partire dalle osservazioni effettuate tra 1877 e 1888.

Bisogna essere in grado di vivere della terra che si sta esplorando, come nell’economica esplorazione alla ricerca del passaggio a nord-ovest di Roald Amundsen del 1903, in cui l’esploratore visse imitando le abitudini degli eschimesi. Pretendere di essere indipendenti dalla terra, portandosi tutto dalla madre patria, è l’approccio costosissimo che portò al fallimento della missione artica di sir John Franklin del 1845. L’approccio di Amundsen, che sopravvisse con molte meno risorse e soldi spesi dove invece Franklin aveva trovato la morte tra i lussi, è alla base del piano di esplorazione marziana “Direct Mars” di Robert Zubrin, descritto nel libro The Case for Mars: The Plan to Settle the Red Planet and Why We Must.

Se vogliamo un Marte che abbia il sapore della “frontiera americana”, serviranno animali alieni da cacciare e soprattutto serviranno serre che producano patate e altri vegetali, allevamenti di maiali o di animali alieni commestibili, possibilmente capaci di nutrirsi di rifiuti e scarti delle piante. La classica combinazione maiale-patate, può diventare “mostro fungoide saltatore”–”radici rosse tossiche che invadono i d’intorni di ogni area abitata dall’uomo”. Sopra ogni cosa servirà l’acqua dei canali di Marte, con le inondazioni dai poli immaginate da Schiaparelli, oppure l’acqua proveniente dal sottosuolo o dalla lavorazione delle immense distese di permafrost marziano, se si desidera mantenere Marte più simile a come lo conosciamo noi rispetto a come lo immaginavano 130 anni fa. I fondali degli oceani ormai secchi di Marte hanno “fango congelato” con fino al 20% di acqua in peso, mentre il suolo tipico di Marte va dal 2% al 4% di peso in acqua.
Andando oltre la mera sopravvivenza, il semplice suolo di Marte è una fonte incredibile di ossido di ferro (Fe2O3) e in generale il pianeta dispone di tutte le risorse necessarie per avviare una società tecnologica simile a quelle terrestri.

The Case for Mars - Robert Zubrin

“The Case for Mars”, seconda edizione del 2011, di Robert Zubrin

L’aria stessa di Marte è fonte di carburante.
Il Marte reale, come lo conosciamo noi, ha oltre il 90% della propria flebile atmosfera sotto forma di biossido di carbonio. Con quell’aria non si può respirare, non perché sia letale in sé (quello davvero pericoloso è il monossido), ma perché l’ossigeno presente è troppo poco e la pressione ambientale troppo debole rispetto alla nostra pressione interna. Quell’aria però, usando strumenti esistenti già nel 1890, può essere trasformata in carburante per razzi (utile anche in altri ambiti, come il gas metano) in un modo non troppo diverso dal modo in cui usiamo macchinari e un po’ di energia per estrarre ancora più energia sotto forma di gas e petrolio dal sottosuolo. Serve l’energia per iniziare il processo e serve una scorta di idrogeno (H2) portato dalla Terra, ma dopo si potrà continuare in modo sufficientemente autonomo: il macchinario può succhiare CO2 dall’atmosfera, mandarlo in reazione con H2 e ottenere in cambio CH4 (metano, molto usato nelle centrali a gas o per il riscaldamento) e H20 (acqua).
Per un’analisi dettagliata del processo e dei carburanti ottenibili dall’atmosfera marziana con combinazioni diverse, rimando a The Case for Mars di Robert Zubrin.

Un Marte retrofantascientifico, con ossigeno in quantità adeguata da simulare l’alta montagna, potrebbe conservare una pressione bassa (ma non bassissima: non si muore, ma se porti una bottiglia di spumante dalla Terra esploderà) e una grande dose di biossido di carbonio da tramutare in carburante. Per esempio se mantenessimo la presenza attuale di CO2 su Marte in valori assoluti, ma aumentassimo la presenza di ossigeno e altre componenti (e la pressione), potremmo avere un 2-3% di CO2 (contro lo 0,04% terrestre). Con un 2-3% Marte puzzerebbe di chiuso da far schifo (l’espirazione umana ha il 4,5% di CO2), darebbe mal di testa e nausea nelle prime ore di permanenza, portando anche a usare dei respiratori di ossigeno o degli edifici con aria purificata per prendersi delle pause dall’aria greve esterna, ma ci si potrebbe abituare e viverci senza che incida in modo pericoloso sulla capacità dell’emoglobina del sangue di legarsi all’ossigeno.

Canali di Marte secondo Percival Lowell

I Canali di Marte in una delle mappe di Percival Lowell

L’analisi del suolo di Marte, un elemento tecnico che come visto possiamo applicare anche se stiamo utilizzando una visione di Marte “fantastica”, ci suggerisce un suolo vulcanico ricchissimo di ossido di ferro (come certe terre rosse da cui nascono grandi vini). La scarsità di acqua liquida (principalmente umidità ambientale e acqua nella terra) e un suolo vulcanico ricco di minerali, sono condizioni sulla Terra considerate ideali per costringere la vite a soffrire, a spingere le radici anche a 10-20 metri di profondità, a estrarre più materia possibile dal suolo per trovare tracce d’acqua e fare vini straordinari con i pochi grappoli eccellenti che produrrà.

Le tempeste di sabbia globali potrebbero essere un grosso problema: vitigni protetti da cupole? Le grandi escursioni termiche tra giorno e notte aiutano l’uva a fissare gli aromi, ma non devono essere eccessivi: avere delle serre riscaldate sarà necessario per evitare sbalzi che congelino grappoli e piante.
Marte può essere un produttore di vini di lusso: bottiglie vendute a prezzi esorbitanti, dieci-venti volte quelli dei Premier Cru di Bordeaux che sono il simbolo sulle tavole dei più ricchi tra i ricchi. Bottiglie che svolgerebbero il ruolo “compatto” che nella storia ebbero oro e gemme: molti soldi in poco spazio, per lunghi viaggi… verso la Terra.

Capire quali vigneti possano adattarsi meglio richiede sia analisi che prove pratiche (e molta fantasia) per cui si può lasciare all’immaginazione personale la scelta dei vini: l’opzione più “credibile” può premiare quei vitigni internazionali che crescono ovunque (lo Chardonnay manca poco che cresca pure sulla luna), mentre un’opzione che renda Marte ancora più pittoresco può immaginare che nasconda in una vallata un vero e proprio Gran Cru per il Nebbiolo, uno dei più ostici e poco adattabili vitigni della Terra. Ecco nascere Marzolo, il Barolo Marziano!
Il vino è un buon dettaglio extra, ma non è comunque un valido motivo per contendersi Marte. A meno che non filtriate il mondo con l’occhio deviato di un enologo.

Mappa di Marte con Canali

Proiezione fotografica di Marte con sovrapposta la mappa “completa” dei canali individuati da Lowell.
Si ringrazia Chimpman per la realizzazione.

Perché le potenze europee si contendono Marte?
Per quanto Marte possa essere incredibile, i motivi “umani” per esplorarlo, colonizzarlo e contenderselo devono essere credibili. In uno scenario di guerra sapere come è usato Marte e che limiti tecnologici siano presenti permette di progettare storie sensate e interessanti.
Marte ha materiali rari come il legno antigravitazionale di Space 1889? Oppure posseide minerali pregiati introvabili sulla Terra e necessari alla più avanzata fisica dell’etere? O più banalmente ci si contende, come forse un giorno faremo davvero, l’abbondanza di deuterio?
Oppure è tutta una competizione per mantenere basi che proiettino ancora più in là nello spazio, magari per trivellare la fascia degli asteroidi, inviare i minerali su Marte, fare una prima lavorazione e poi sparare i carichi con catapulte elettromagnetiche verso la Terra, in modo che vengano raccolti in orbita?
O forse si gareggia per scoprire i resti di antiche civiltà, con tanto di archeologi avventurieri alla Indiana Jones, sperando di svelare conoscenza perdute che diano un vantaggio contro le nazioni rivali?

Se invece dei viaggi spaziali vi sono portali dimensionali, allora i portali stessi diventano fondamentali obbiettivi da catturare. La capacità di muovere rapidamente risorse da e verso Marte cresce enormemente: da piccoli scontri locali, stile Africa Orientale Tedesca nella Grande Guerra, si passa a scenari da conflitto continentale.
Diventa credibile anche la possibilità che Marte sia un deserto ostile alla vita (il Marte “morto” che ha popolato buona parte del Novecento) e che ogni risorsa arrivi dai portali, mensilmente. Sarebbe strano se le fazioni in guerra non provassero a catturare i portali nemici o a catturare le miniere nemiche sugli asteroidi o a intercettare i carichi per impedire qualsiasi afflusso di materiale al nemico. Devono esserci delle strategie coerenti e credibili, basate su obbiettivi chiari legati al contesto.

Ipotizziamo che a guerra iniziata tutta la fascia degli asteroidi sia caduta in mano inglese, e quindi tutta l’estrazione mineraria, e che i tedeschi non pensino di poter conquistare il portale inglese perché la base è una fortezza inespugnabile e immaginiamo che i tedeschi ritengano al massimo di poter difendere il proprio portale. In tali condizioni il portale tedesco è diventato inutile, non ricevendo più minerali da inviare in Germania, e probabilmente i tedeschi farebbero bene a ritirarsi e a far saltare il proprio portale prima che gli inglesi lo catturino e lo utilizzino al loro posto.
Se invece i tedeschi sono in grado di proiettare rapidamente forze su Marte e gli inglesi sono a corto di uomini perché li hanno impegnati tutti per dare la caccia ai corsari tedeschi nella fascia degli asteroidi, suonerebbe strano che i tedeschi non tentino di conquistare il portale inglese. Se gli inglesi hanno i minerali ma non la possibilità di spedirli o di ricevere rifornimenti, prima o poi dovranno lasciare anche le miniere ai tedeschi e consegnarsi come prigionieri.

Se si decide di fare Science-Fantasy più spinto, aggiungendo elementi spiccatamente Fantasy alla storia, come le fatine, ecco che anche le fatine dovranno avere un senso. Prima di tutto il lettore si aspetterà e rispetterà maggiormente una conoscenza storica della fatine. La cosa può sembrare strana, ma basta leggere il tentativo di spiegazione scientifica sulla natura delle fatine riportata da Arthur Conan Doyle nel suo The Coming of the Fairies del 1922 per trovare risposte più che adeguate e perfettamente adatte per il periodo. Ecco ottenuta la credibilità storico-mitologica che poi si può reinterpretare in spirito Steampunk, a piacere, un po’ come Michael Swanwick in The Iron Dragon’s Daughter ha reinterpretato magistralmente i miti antichi e il Castello Spirale celtico attraverso il filtro degli Stati Uniti e della forma dell’universo nella Relatività Generale.

Passiamo al motivo per cui le fatine sono lì, su Marte. Queste fatine a cosa servono? Sono staffette nell’esercito perché non esistono radio da campo e loro sono rapide, piccole e affidabili? Sono ingegneri che si occupano di entrare dentro i colossali Automi da Guerra per riparare piccoli guasti e resettare le memorie dei cervelli elettro-meccanici? Sono osservatori per l’artiglieria, capaci di alzarsi in volo senza essere notate o abbattute, mentre una classica mongolfiera militare da osservazione verrebbe non solo fatta subito a pezzi, ma indicherebbe la posizione di parte delle truppe ai nemici? Oppure le fatine hanno ruoli nell’ambito civile?
Solo avere chiaro in mente chi sono le fatine, come e perché esistono e cosa sono in grado di fare, permetterà di dare loro un ruolo coerente nell’ambientazione.

Max Hoffmann con fatina (1913)

Max Hoffmann con fatina nuda (1913). Sconcertante documento storico inviato da “iome” e detto da taluni, al soldo del complotto imperialista americano o plagiati dalla propaganda, fotomontaggio.

Con ragionamenti simili è possibile introdurre altri elementi, come recupero dalla narrativa d’epoca: i marziani armati di tripodi della Guerra dei Mondi magari popolano una città sotterranea nella Valles Marineris e i grandi deserti marziani sono percorsi da tribù guerriere di barbarici mostri con quattro braccia come quelli della serie su John Carter.
Cosa vogliono i marziani nascosti nel sottosuolo? Perché hanno attaccato la Terra? Come sopravvivono le tribù di mostri sulla superficie? Come si procurano le armi che usano se sono nomadi senza forge e senza industrie? Vengono armati dalle potenze terrestri e usati contro i rivali o le ottengono come “pagamento” da parte dei marziani del sottosuolo per fare in modo che i terrestri stiano alla larga dalla Valles Marineris e non scoprano la loro città nascosta?
Se abbiamo deciso di rappresentare Marte ridotto a un deserto senza piante né acqua, sarà meglio cambiare idea o la credibilità di queste tribù diventerà estremamente scarsa.

Prendiamo in considerazione la gravità ridotta e l’atmosfera rarefatta, da alta montagna. Entrambi questi elementi e i loro effetti erano noti nell’Ottocento, si sapeva cos’è la gravità e si avevano già delle ipotesi fantascientifiche sull’effetto della gravità ridotta su eventuali animali evoluti in pianeti diversi dalla Terra. In generale l’idea è che la gravità inferiore favorisse maggiori dimensioni nei corpi: ecco allora i giganti di Edison’s Conquest of Mars (1898), dotati pure di cervelli enormi seguendo l’idea dell’evoluzione che premia intelligenze sempre più vaste (rappresentate con cervelli più grossi), oppure i mostri colossali di John Carter (prima storia del 1912).

La gravità inferiore del 63% permette ai soldati di poter portare 40 kg di equipaggiamento sentendo meno di 15 kg (e il loro stesso corpo è più “leggero”). Di contro va pensato che la gravità inferiore permette pure di “saltare” più in lungo e più in alto, ma accentua anche la reazione quando si spara col fucile: la quantità di moto del proiettile rimane identica, la reazione quindi uguale e gli effetti del rinculo (orizzontale) e del rilevamento (verticale) saranno maggiorati. Per il rilevamento l’arma avrà un peso ridotto al 37%, con grande balzo della volata dopo lo sparo! Anche i soldati, ridotti da 70 Kgp a 26 Kgp (chilogrammi peso), avranno meno capacità col loro corpo di fare attrito sul terreno per contrastare la spinta orizzontale del rinculo, slittando sulla sabbia o perdendo l’equilibrio. Tirare da sdraiati annullerebbe il problema. Si potrebbe aumentare il “peso” dotando i soldati di armature antischegge (e anti zanne/artigli dei mostri marziani), un incrocio tra le armature da campo di fine ’400 e gli scafandri da palombaro. L’idea non è da scartare, anzi!

Scafandri da immersione d'epoca.

Scafandri da immersione d’epoca.

Con solo il 37% di forza di gravità un uomo da 70 kg potrebbe portare 200 kg di equipaggiamento sentendosi come se ne stesse portando 30 sulla Terra. I comuni fanti potrebbero tirare carri sovraccarichi di acqua e provviste e gli assaltatori potrebbero indossare goffi scafandri corazzati spessi 15 mm, a prova di fucile a bruciapelo, per lanciarsi con granate e pugnali nelle trincee nemiche. Considerando l’inerzia, investirebbero come un’utilitaria il nemico puntato e lo spiaccicherebbero contro la parete. Per eliminare questi assaltatori servirebbero fuciloni controcarro da 13-20 mm, magari li stessi usati contro i mostri giganti di Marte. In più, sempre per l’inerzia, questi assaltatori sarebbero non solo lentissimi a frenare in corsa, ma anche lenti a prendere velocità e instabili lateralmente in movimento.
Non proprio qualcosa di adatto per tutti: l’assaltatore sarebbe, un ruolo altamente specializzato per soldati addestrati a puntare dritti, senza incertezze o curve, come cavalleria pesante in carica. Anche i comuni fanti con zaini sovraccarichi da 100 kg soffrirebbero problemi simili, meglio far loro spingere/tirare carri per trasportare l’equipaggiamento in eccesso. Eventuali veicoli a motore pensati per la Terra e ricoperti di roba legata sopra per sfruttare la capacità di carico triplicata, se arrivasse del vento forte sarebbero preda dei ribaltamenti per l’effetto vela del carico accumulato in verticale. Si possono immaginare tanti altri problemi per arricchire la storia!

In più la minore gravità e l’atmosfera ridotta aumenteranno il tiro utile dei fucili. Tutto questo, magari mi sbaglio, secondo me premierebbe il tiro mirato su lunghe distanze (usando ottiche per poter vedere il bersaglio sopra i 500 metri), da sdraiati per limitare lo slittamento degli stivali sulla sabbia marziana dovuto al rinculo dei potenti fucili da battaglia (il corpo pesa solo il 37% di prima!) e ridurrebbe a zero o quasi l’eventuale presenza di pistole-mitragliatrici per via del rilevamento eccessivo nella raffica che farebbe sprecare gran parte dei colpi (ma non ridurrebbe le mitragliatrici di squadra con pesanti affusti ruotati). L’idea dei fucili a tiro lunghissimo, capaci perfino di abbattere le aeronavi, è presente anche tra le culture marziane di John Carter.

In più (bis!) la minore gravità e l’atmosfera rarefatta sconvolgerebbero le tabelle di tiro dell’artiglieria, esclusi tiri diretti ravvicinati relativamente privi di curvatura, e questo creerebbe problemi di adattamento e costringerebbe a molti esperimenti per trovare coefficienti correttivi e adattare le tabelle… con il rischio, sempre, per la fretta e la paura in battaglia, di non applicare i coefficienti e usare i valori come sono scritti, mandando i proiettili molto più distanti! Le tabelle andranno ristampate, per sicurezza. Probabilmente molti altri equipaggiamenti dovranno subire modifiche nei dettagli o nella manutenzione per sopportare l’atmosfera, le sabbia sottilissime che invadono olio lubrificante e filtri, le gelate che mandano K.O. i primi motori diesel (ancora a metà ‘900 i furgoni dell’esercito italiano richiedevano un bel falò per scaldarsi quando si andava sottozero o non partivano) e tutti gli altri inconvenienti che è possibile inventare ispirandosi agli scenari di guerra della prima metà del Novecento tra Africa e Russia.

Artiglieri tedeschi intenti a posizionare un pezzo

Artiglieri tedeschi intenti a posizionare un pezzo:
se solo ci fosse la gravità marziana faticherebbero molto meno!

Il fatto che Marte sia “incredibile” non significa che la storia debba essere stupida.
Non è un problema se i tedeschi hanno come tenente nell’artiglieria una fatina superintelligente che fa da calcolatore per il tiro (se non per motivi di gusto dei lettori, talvolta interessati al Fantastico solo come rassicurante etichetta sulle solite banalità senza fantasia viste mille volte): il problema c’è se la storia sembra incoerente, non credibile, e il comportamento umano insensato e ingiustificabile. Difficilmente un lettore vorrà avere a che fare con una storia sciocca e insensata: solo l’elemento non credibile che è esplicitamente parte degli elementi fantastici ricercati dai lettori “ideali” a cui ci si rivolge verrà tollerato, tutto il resto dovrà essere verosimile e convincente.

Per esempio i dogfight alla Star Wars, per fare la “seconda guerra mondiale nello spazio”, sono un elemento comune in certa fantascienza militare. Sono insensati e spiccatamente cretini in uno scenario militare spaziale credibile, quindi non si possono proporre facendo Fantascienza HARD, ma in altri contesti i lettori li accettano… o li cercano perfino! Ogni altra idiozia, le vere idiozie non-fantastiche, saranno motivo di fastidio e di fuga dall’opera.

 


Provenienza dell’articolo

Questo articolo è apparso per la prima volta un anno fa su Sugarpulp Magazine in occasione del lancio di SteamCamp, una evento interamente dedicato allo Steampunk. Prima di questo articolo diviso in quattro parti c’erano state altri due articoli introduttivi, il più antico (e più letterario/rigido) risalente al maggio 2011. Successivamente l’articolo è stato ripubblicato, in versione leggermente modificata, sul blog dell’autore (Baionette Librarie).
La versione che trovate qui è l’ultima, con ulteriori piccole modifiche e precisazioni (ma nessuna che riguardi la teoria esposta “in soldoni”). Grazie per averlo letto.

 

7 comments

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    • Selerian on 03/03/2014 at 21:49
    • Reply

    Bell’articolo. Esclusa la soluzione in cui il viaggio avviene tramite portale, però, aggiungerei che qualsiasi scenario di questo tipo deve tenere conto di come funziona il viaggio interplanetario. Qualsiasi tecnologia possa trasportare uomini e merci dalla Terra a Marte sarebbe inevitabilmente utilizzabile per un bombardamento orbitale, e quindi bisognerebbe tenerne conto.
    Se pubblicate un libro con una guerra su Marte supportata da fatina, ve lo compro, comunque!

    • iome on 28/03/2014 at 01:56
    • Reply

    ma poi fino a che punto è un vantaggio la gravità ridotta?

    Se prendendo velocità arrivassi a compiere salti a 50 chilometri orari, se poi vado a sbattere su una parete mi ammazzo paro paro che se mi schiantassi contro un pulmino sulla terra o su Giove

    Stesso dicasi per grossi carichi, un oggetto su Marte cambia il proprio peso percepito ma la massa è invariata e basta che acquisisca un po di moto per poter guadagnare una notevole energia cinetica, quindi per certi versi ci si può fare molto male e ancor più facilmente che sulla terra

    e parlando dell’orografia, le strutture geologiche saranno molto aspre e dalle forme ardite, con un peso minore ad opera dell’incessante vento stracarico si polveri abrasive (anch’esse leggerissime), si saranno formate delle strutture impensabili sulla terra (ok noi sappiamo che Marte è geologicamente morto ma…)

    altra cosa che va considerata è che con una gravità simile è possibile il volo umano, ormai siamo abituati alle prodezze dei basejumpers che eseguono voli con le tute alari planando raso suolo lungo le montagne e arrivando addirittura ad atterrare su acqua senza paracadute

    Con una gravità marziana l’efficienza di una tuta simile (anche se realizzata con materiali ottocenteschi, e pure considerando una pressione atmosferica da alta montagna) sarebbe enormemente maggiore anzi sarebbe possibile indossare ali di grande superficie che con un adeguato addestramento e un adeguato atletismo, potrebbero persino permettere di prendere quota a forza di braccia (almeno fino alla prima corrente ascensionale).

    Altrimenti sono altrettanto possibili macchine volanti come le “meve” di “Nausicaa della valle del vento”, ali volanti cavalcabili, spinte da piccole turbine

  1. un oggetto su Marte cambia il proprio peso percepito ma la massa è invariata e basta che acquisisca un po di moto per poter guadagnare una notevole energia cinetica, quindi per certi versi ci si può fare molto male e ancor più facilmente che sulla terra

    Esatto, il problema dell’inerzia è molto importante: per questo è stato trattato nell’articolo lasciando da parte altre questioni minori.
    Di buono c’è che la massa dell’oggetto determina quanto una persona impiegherà a dare una certa velocità spingendo: nel caso delle armature avrebbe partenze lentissime unito a frenate lentissime (in cui si spacca magari le ginocchia).

    Sul volo con ali per planare o con palloni avevo evitato, proprio perché date quelle premesse (usate per il problema dei furgoni telonati), inclusi i forti venti improvvisi, i veicoli più leggeri dell’aria soffrirebbero ancora peggio di quanto soffrissero gli zeppelin sulla terra, più volte rispediti sulla costa continentale dal mero vento nel tentativo di raggiungere l’Inghilterra per bombardarla nella prima guerra mondiale.
    Veicoli con motori poco potenti e incapaci di contrastare il vento quando manda dove non si vuole (tipo contro le rocce a 200 km/h), sarebbero poco igienici.

    Servirebbero veicoli con motori di grande potenza e un effetto vela modesto… più navi da guerra galleggianti, in stile Space 1889, che dirigibili. Il legno antigravitazionale era una soluzione carina assimilabile, come la “cavorite” di Wells, alla materia negativa, ovvero materia che subisce una repulsione e non attrazione dalle onde gravitazionali (vedi Fisica dell’Impossibile di Kaku).

    Il principale problema in ambito salto-volo sarebbe per le pecore che balzano oltre i recinti, se non adeguatamente più alti di quelli terrestri, o i soldati che possono scalare più facilmente i muri di cinta… ma il concetto di “muro”, in una guerra di trincee e mitragliatrici, non è particolarmente rilevante a scopo militare. Balzare in massa sopra il filo spinato (immaginando ce ne siano così pochi metri da poterlo fare), li tramuterebbe in piccioni su cui tirare.

    • iome on 23/04/2014 at 17:03
    • Reply

    si convengo con i problemi del volo come mezzo di trasporto “standard”

    ma potrebbe essere comunque un mezzo “speciale” simile alle strategie di spostamento dei corpi di alpini su sci, magari dei corpi di esploratori-incursori sono dotati di tute alari utilizzate all’occorrenza per ridiscendere rapidamente i canaloni delle asprissime montagne marziane.
    Certo con tutti i rischi del caso, ma “gli arditi non desistono dinnanzi a al periglio, come fanno invece le donnette d’Albione” (cit. Enrico Spezzapeti, Tenente Incursori Marziani della Regia Armata Italica 1881-1904)

    Oppure il volo è una delle abilità degli indigeni marziani (gli Aresiti?) che dotati di superfici alari (super ascelle stile scoiattolo volante?) o magari primitive macchine leonardesche, potrebbero essere dotati di abilità particolari nella lettura e uso delle correnti, i forti venti potrebbero essere una risorsa oltre che un pericolo, forti venti ascensionali e notevoli velocità di spostamento insieme alla bassa gravità potrebbero permettere voli potenzialmente ininterrotti, (e quì torna l’allegro passatempo del tiro al marziano per dei fanti annoiati) come le correnti per i surfisti, se non le sai usare prima o poi finirai sugli scogli, se invece le usi correttamente ci puoi andare al largo senza fatica

    • Michele on 28/05/2015 at 23:39
    • Reply

    avevo letto tempo fa contrattacco su Marte, anche se non era in chiave steampunk credo (almeno se la memoria non mi tradisce) descrivesse molto bene il tipo di combattimento con schermaglie e sabotaggi e il tipo di vita per i primi coloni di Marte.
    Ho adorato l’episodio in cui il protagonista bloccava un mezzo lanciandogli contro vernice e bloccandogli così la luce per le celle solari.

    • Luca on 25/03/2016 at 11:33
    • Reply

    Buongiorno a tutti.

    Duca, ho una domanda riguardo ai romanzi di John Carter: attualmente si trovano in lingua italiana solo i primi tre (http://www.amazon.it/John-Carter-Marte-Marte-Gli-Marte-Il/dp/8854139114).

    Su Wikipedia si trova un’indicazione della pubblicazione degli altri romanzi su Cosmo Oro (inizio anni ’80).

    E’ possibile prevedere una traduzione / pubblicazione in italiano degli altri volumi da parte di Vaporteppa, così come è stato fatto per altri autori?

    Saluti e Buona Pasqua

  2. Non penso.

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