Largo al Ninja Obeso!

Eccoci con la seconda opera di Bizarro Fiction, Il Ninja Morbosamente Obeso. La traduzione è a cura di Martina Volpe, che aveva già lavorato a La Tachipompa e altre storie. Anche questo racconto molto lungo è, come nel caso di Puttana da Guerra, un approccio morbido alla Bizarro Fiction: un ninja obeso, uno scenario fantascientifico e scene che potrebbero essere uscite da un anime giapponese, perfino parte dell’estetica tipica di quel medium. Consigliato a chi adora gli anime giapponesi, ma leggibilissimo anche per tutti gli altri: dietro la facciata un po’ sopra le righe si nasconde la storia di un uomo e di un bambino senza un futuro, ma pronti a condividere un presente come “padre e figlio”.

Illustrazione di copertina a cura di Manuel Preitano

Illustrazione di copertina a cura di Manuel Preitano

 

Neo Tokyo, in California, è una città di edifici così alti che gran parte degli abitanti non ha mai visto il suolo. Una città in cui molti si sono sottoposti alla chirurgia estetica per assomigliare ai personaggi degli anime. Una città in cui le aziende si affrontano con eserciti di ninja. Qui vive Basu, il ninja più temuto, il più letale… e l’unico ninja obeso: 320 kg di pura distruzione.
La sua missione è rubare le informazioni segrete di un’azienda rivale e portarle alla propria, ma lo aspetta un confronto con un nemico che viene dal passato: Corvo, un tempo il suo migliore amico.

Si tratta di un racconto molto lungo: 16.100 parole, pari a circa 53 pagine (considerate che i romanzi brevi iniziano dalle 17.500 parole). Abbiamo messo il prezzo inizialmente pensato per le opere sopra le 15.000 e sotto le 30.000 parole, ovvero i 2,99 euro, ma in futuro sicuramente opere di uguale lunghezza verranno vendute anche a 1,99 euro, anche per motivo di test. Non è facile capire quali prezzi rendano meglio, dovete avere pazienza mentre capiamo come gestire al meglio tutto: ho dedicato un articolo alla questione.

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Assieme al racconto lungo è incluso un saggio di Chiara Gamberetta scritto apposta per Vaporteppa e che potete leggere anche online, qui: Introduzione alla Bizarro Fiction. Sul motivo della scelta di quest’opera vi rimando all’articolo pubblicato per l’uscita di Puttana da Guerra.

Cosa ha abbinato il Duca per festeggiare?

Questa volta non è stata facile! Il Bizzarro 2010 lo avevo già aperto per l’avvio della Bizarro Fiction, la volta scorsa, e né quella né quest’opera danno margine o indizi per trovare il loro vino facilmente. Non siamo come con Caligo, dove di vini possibili ce n’erano, anche solo traendoli tra quelli citati nel testo in sé, ben tre! Non avendo tra le mani né saké decenti né i loro famosi whisky (e costosi, alcuni sono tra i migliori del mondo) e men che meno i vini prodotti in Giappone da uve lì coltivate (i Kokunai san) come un Riesling di Hokkaido o un abboccato Koshu, che a quanto ho letto sono prodotti più che buoni…
asahi44… mi sono dovuto accontentare della loro birra più famosa al mondo: la Asahi Super Dry, con la sua celebre bottiglia “steiny” da 44 cl di vetro scuro avvolta in carta plastificata grigia. È la birra nata nel 1987 (ma la Asahi in sé produce birre dal 1889) da un’intervista al pubblico giapponese per scoprire la birra “base” ideale per i gusti di quel popolo. Il risultato è infatti un buon prodotto, tutt’altro che geniale, ma che fa mangiare la polvere a tantissime nostre birre basilari (Peroni, Moretti ecc.) simili a sciacquature di piatti e va a confrontarsi con birre un po’ meglio strutturate (come la Baffo d’Oro Moretti, rimanendo sui marchi maltrattati prima, o la Union slovena, ma rimane un bel po’ sotto la storica Pilsner Urquell che è una boema fatta proprio bene). C’è anche da dire che in Italia costa quasi 2 euro, in gran parte immagino per via della provenienza orientale (per modo di dire, quelle che si trovano in Italia le imbottigliano in Russia per conto della filiale britannica della Asahi).

Dietro questa birra di corpo adeguato, una semplice lager come tante, si nasconde l’ingrediente particolare che ne rende diverso l’aroma e il sapore: il lievito Asahi No. 318. Questo lievito permette di ottenere quel gusto “giapponese” cercato dall’azienda, riducendo i picchi di sapore di cereale dei lieviti tradizionali e aggiungendo un profumo leggermente floreale. A me piace, poi posso capire che a tanti possa non piacere visto che non si sta parlando di un prodotto geniale o cosa.

Qualche motivo in più per sceglierla?
Il formato della bottiglia è 44 cl, ovvero 4 e 4, numero che non solo porta molto bene a Vaporteppa, ma che i Giapponesi temono: 4 si pronuncia Shi, la stessa pronuncia di “morte”. E in quale capitolo dell’opera infatti si parla di scegliere la morte con dignità? Nel quarto, intitolato proprio Shi. In più, a parte il legame scontato birra-obesità, per quale azienda lavorava il ninja Basu prima di diventare obeso? Per la Asashi, nome molto simile ad Asahi.

 

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