Leggi, comprendi, ama: il piacere della rilettura

Voglio ringraziare Spirito Giovane (Daniele Fusetto) per l’approfondimento che ha dedicato al nostro romanzo Caligo. Ha mostrato una delle possibili interpretazioni dell’opera che ancora non era emersa in altri interventi, ma che era stata presente di sfondo nella sua realizzazione. Trovate l’analisi sul blog Il Flusso Catalizzatore.
EDIT 3/11/2015: l’articolo non è più disponibile nella sede originaria, lo trovate citato qui in fondo nelle parti che ci riguardano.

Approfitto dello stimolo dato da Spirito Giovane per parlare di narrativa in generale partendo proprio dallo spunto che Caligo ci può fornire. Queste riflessioni erano state pubblicate sulla pagina Facebook di Vaporteppa lo scorso agosto, e vengono qui proposte in versione rivista per i molti lettori che non le hanno lette all’epoca.

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Caligo è un romanzo che si gode al meglio alla seconda o alla terza lettura, quando tutto è svelato e la mente di Barbara Ann, a cui siamo sempre vincolati, non ci impedisce più di notare ciò che lei non vuole notare e su cui quindi non mette molta attenzione. Solo un lettore molto attento o disincantato può davvero cogliere subito tutto, per quanto sia sempre tutto in piena vista, senza lasciarsi ingannare da come Barbara Ann vede le cose. Cogliere quel di più, capire ciò che Barbara Ann non capisce, ci permette di allargare quella leggera distanza tra lettore e personaggio chiamata “ironia drammatica”, già nota al tempo di Aristotele e vitale per il godimento di opere come l’Edipo Re di Sofocle. Torneremo su questo argomento in futuro.

Caligo è un romanzo con diversi livelli di lettura che si può leggere:

  • come una storia d’azione con momenti di erotismo e di umorismo (lo è);
  • come un romanzo steampunk che presenta una seria e articolata ucronia trasmessa al lettore senza invadenti e goffe spiegazioni da parte dell’autore (lo è);
  • come una satira avventurosa che parla dei nostri giorni usando il passato (lo è).

E si può leggere anche nel modo in cui l’ha letta Spirito Giovane, che è davvero interessante e ha colto qualcosa che ancora altri lettori non avevano colto. Perché non l’avevano colto? Secondo me per colpa di un certo perbenismo di fondo della nostra societò che pervade anche chi pensa di essere più alla mano, e ne annebbia il giudizio critico: si facevano distogliere dal nudo in sé senza capire cosa significasse per l’economia della storia e la psicologia di Barbara Ann.
Io e l’autore non abbiamo dovuto lavorare in modo specifico su questo aspetto perché era uscito naturale da subito, faceva parte se vogliamo dire così della “poetica” di Scalzo, ma rilevare questa scelta e verificare che fosse sempre a posto e coerente ha fatto parte del lavoro di revisione del romanzo.

animal_farm_poster-2isu30qQuesta possibilità di leggere l’opera in più modi vale per molta della migliore narrativa, come La Fattoria degli Animali: piace ai bambini perché è una storia di animali parlanti piena di suspense e dove i buoni soffrono ingiustamente, permettendoci così di provare empatia (un aspetto vitale di ogni buona storia, di cui già parlava Aristotele nella Poetica), ma piace anche gli adulti per tutti gli altri motivi dietro che solo con una maggiore conoscenza della storia, della vita e della politica è possibile apprezzare.
Puro intrattenimento e complessità narrativa sono strettamente uniti nelle migliori opere: lo sapeva Aristotele, lo sapeva William Shakespeare (maestro del cosiddetto “piacere pertinente” aristotelico, grazie soprattutto ai suoi finali) e lo sanno tanti grandi sceneggiatori e scrittori moderni.

Come rilevato da diversi commentatori, Caligo è un’opera che sorprende ancora di più alla seconda lettura.
Anche la possibilità di goderne al meglio le sfaccettature in più riletture, senza trovarsi davanti un testo che ci appaia identico nei significati a quello letto la prima volta, a patto di avere la flessibilità mentale per non fossilizzarsi su ciò che si pensava di aver capito (dote ormai sempre meno comune), è segnale tipico di un testo pensato con cura e ben approfondito. Un testo che grazie a una dose maggiore di “ironia drammatica”, ottenuta con una seconda o terza rilettura, può svelare nuovi aspetti di sé e del proprio protagonista al lettore.

La prima volta che leggiamo una storia come Caligo siamo quasi solo dentro il protagonista, limitati ai suoi soli sensi e pensieri, ma la seconda volta sappiamo di più di lui perché conosciamo il futuro… e la terza volta magari cogliamo perfino le sfumature di ciò che lui avrebbe potuto benissimo capire da solo, dati i fatti a lui noti, se solo non avesse negato a sé stesso ciò che non voleva inconsciamente ammettere. La storia è “viva” e ci appare diversa nella rilettura. Se rileggendo un testo e conoscendolo quindi meglio nulla di nuovo ci appare, allora quasi certamente quel testo manca di profondità narrativa.

Scrisse Umberto Eco in Sei passeggiate nei boschi narrativi:

eco_cut[di Sylvie, romanzo di Gérard de Nerval] Ne conosco ormai ogni virgola, ogni meccanismo segreto.
Questa esperienza di rilettura, che mi ha accompagnato per quarant’anni, mi ha provato quanto siano sciocchi coloro che dicono che ad anatomizzare un testo, e a esagerare con il “close reading”, se ne uccide la magia. Ogni volta che riprendo in mano Sylvie, pur conoscendo a fondo la sua anatomia, e forse proprio per questo, me ne innamoro come se lo leggessi per la prima volta.

Leggere e rileggere un testo, studiarne le meccaniche profonde e capirne non solo ciò che dice alla prima lettura di sfuggita, ma ciò che davvero dice quando la nebbia interpretatrice del personaggio Punto di Vista si dirada, è uno dei grandi piaceri della narrativa. E non solo per chi è avvezzo all’analisi della struttura di una storia, per chi ha conoscenze da drammaturgo o da sceneggiatore: la riscoperta di un testo è un piacere a portata di chiunque, incluso il lettore comune privo di conoscenze codificate!

Ricordiamo una cosa: lo scopo del Punto di Vista è anche di falsificare la nostra percezione, ingannarci dandoci una percezione SOGGETTIVA degli eventi dietro cui possiamo solo intravedere la verità oggettiva completa. Quella del Punto di Vista approfondito, sempre e solo nella testa del personaggio, non è una tecnica “per il piacere della tecnica” o per il solo scopo di migliorare la lettura: è una dichiarazione filosofica contro la presunzione di oggettività.

Il Punto di Vista vero, autentico, profondissimo e totalizzante, sfida la limitatezza mentale di chi non pensa che ogni uomo veda le cose a proprio modo e non crede che tutti abbiano in qualche modo ragione… anche solo dal proprio punto di vista e basta. Ci permette di conoscere le motivazioni che giustificano (ma non scusano) comportamenti per noi inimmaginabili, e se siamo disposti ad accettare a mente aperta chi è diverso da noi anche di “capirle”. Pensate all’empatia che proviamo nel capire le motivazioni e la paura che sta dietro la crudeltà del protagonista nel Macbeth di Shakespeare, nonostante quello sia un personaggio tutt’altro che simpatico!

Macbeth è uno stronzo sanguinario. Romeo un ragazzino imbecille. Amleto un disagiato mentale troppo pavido per fare ciò che doveva. Eppure Shakespeare ha saputo proporceli nel modo migliore per apprezzarli.

Macbeth è uno stronzo sanguinario. Romeo un ragazzino imbecille. Amleto un disagiato troppo pavido per fare ciò che deve. E su Otello non apro bocca per non essere volgare. Eppure Shakespeare ha saputo proporceli nel modo migliore per apprezzarli.

Questo Punto di Vista autentico, focalizzato sempre nel personaggio, se da una parte fornisce un’esperienza umanamente più profonda, soddisfacendo al massimo grado lo scopo morale della narrativa di aprire la mente del lettore al pensiero altrui, dall’altra favorisce il rigetto di chi non sopporta in alcun modo la personalità degli altri e non ha l’apertura mentale per voler approfondire una mentalità completamente aliena alla propria…
… soprattutto quando il personaggio non è per niente alieno, anzi, è scomodo perché troppo familiare in aspetti per noi fastidiosi e svela meccanismi inconsci – o consci – che non vogliamo vederci sbattere in faccia: in questo caso Barbara Ann rompe almeno un “gioco” tipicamente femminile descritto dallo psichiatra Eric Berne ed è naturale, lo sapevamo fin dall’inizio, che avrebbe indispettito o causato il rigetto di una porzione del pubblico femminile. D’altronde svelare/rompere un “gioco” dà sempre fastidio a chi lo pratica, dice Berne.

Per lo stesso motivo, gli stessi “giochi” svelati, Barbara Ann viene facilmente adorata dal pubblico maschile che ha fin troppo noti certi meccanismi inconsci e li disprezza: quanti lettori fino a ora mi hanno detto di aver visto nell’ipocrisia di Barbara Ann (anche su sesso e amore: pensate a Gallo che non riceve nemmeno un bacio) almeno una loro conoscente? Già sette, che non è poco per una dichiarazione spontanea buttata fuori così.

Al prossimo che lo cita per nascondere la propria pochezza, taglierà un piede.

Al prossimo che lo cita per nascondere la propria pochezza, taglierà un piede.

Facile citare Nietzsche, per darsi arie da intellettuali, quando dice che se guardi abbastanza a lungo in un abisso, poi l’abisso guarderà dentro di te: spesso l’abisso è solo un misero pozzo per l’orto e si preferisce comunque non levare nemmeno il coperchio per dare una sbirciatina!
La narrativa non è per i pavidi e se si tolgono gli scheletri dai propri armadi ci staranno dentro molti più libri. La carta non morirà, fidatevi, buttate pure le ossa.

Inutile dire che la chiusura mentale, il diffondersi della paura di ciò che è diverso (xenofobia), non aiutano questo tipo di narrativa che però proprio per questo motivo DEVE esistere.

Basti pensare alla polizia messicana a cui venne proposta proprio una cura a base di narrativa. Come mai? Quei poliziotti erano così violenti e chiusi di mentalità da essere percepiti dai cittadini come se fossero solo altri criminali. Il sindaco della municipalità di Neza per renderli più umani e tolleranti, capaci insomma di vedere il mondo anche con occhi che non fossero solo i propri, impose loro una cura a base di Agatha Christie, Edgar Allan Poe ecc. che li rendesse, aprendo loro la mente, “cittadini migliori” capaci di provare empatia, e non disprezzo, per chi dovrebbero difendere. Un po’ come si curano simili programmi nelle prigioni, per riabilitare con la lettura i carcerati.
Il progetto era buono, ma non so se poi i poliziotti hanno letto davvero le opere o se hanno fatto come i liceali con i riassunti scaricati da internet… Temo la seconda ipotesi!

La xenofobia non riguarda solo altre culture e razze, ma anche chi la pensa semplicemente in modo diverso… purché si tratti di pensiero sostenuto dalle prove e studio: è sempre valida la regola per cui non c’è alcun motivo di rispettare le opinioni immotivate, prive di studio, basate quindi su ignoranza e pregiudizio, che il grande autore di fantascienza Harlan Ellison molto elegantemente definì “scorregge”:

harlan3_cutTutti hanno opinioni: io le ho, tu le hai.
E fin da quando abbiamo aperto gli occhi ci hanno detto che abbiamo diritto di avere nostre opinioni. Be’, è una stronzata, naturalmente.
Non abbiamo diritto di avere opinioni, abbiamo diritto di avere opinioni informate. Senza studio, senza basi, senza comprensione, un’opinione non vale niente.

È solo un farfugliamento.
È come una scoreggia nella galleria del vento, gente.

Insomma, non sentitevi in colpa se voi avete studiato l’evoluzione e la geologia e nutrite fastidio verso un creazionista! E non preoccupatevi se vi viene da dire che l’omofobia è un disprezzo irrazionale, non un’opinione rispettabile. Ma quando qualcosa, dotato di motivazioni fondate su fatti, si scontra con ciò in cui credete… mettete in discussione ciò che credete, come qualsiasi scienziato rispettabile farebbe. È la vostra vita, merita il rispetto che una mente aperta al miglioramento può portarle, senza fossilizzarsi dietro menzogne e idee false. Ogni incontro, incluso l’incontro col personaggio di un romanzo, può aiutarvi a migliorare la vostra visione del mondo.

Questo piacere facoltativo della rilettura che svela sempre cose nuove, anche se influenza solo gli appassionati più interessati e i recensori più dediti all’approfondimento, è un piacere che è giusto permettere. Costa molta più fatica e richiede autori che abbiano qualcosa da dire e trasmettere in modo non banale, anche solo inconsciamente per accumulo di esperienze di vita (e non di età anagrafica, anche se quella aiuta di norma ad averne accumulate di più), ma è un lavoro che merita di essere fatto.

Book-Love

Conoscere un testo è il primo passo per amare davvero un testo.

Si analizza un testo proprio perché lo si ama, o  perché si ama la narrativa in generale anche quando il testo non è geniale. Invece lo si legge e mette da parte senza ripensarci se non lo si ama così tanto.
Pensate a un bicchiere di grande Barolo e a una buccia di banana marcia: nel primo caso si gode prima con il puro gusto e profumo e poi lo si rigode riflettendo e apprezzando la complessità e qualità tecnica del prodotto (se si è appassionati di vini, ovvio); nel secondo caso è facile che dopo uno sguardo rapido e una sniffata involontaria, la si butti nell’immondizia.
Basta il primo approccio istintivo per apprezzare un grande vino, ma non si può certo dire che aggiungere il secondo lo svilisca: sarebbe come dire che la banana marcia e il grande Barolo meritano lo stesso trattamento.

Scusate la deriva da sommelier, ma proseguo con un secondo esempio per quando l’opera ricca di profondità e complessità è anche di rapidissima lettura per via della scrittura vivida e coinvolgente, come Caligo.
Qual è il difetto, se così vogliamo chiamarlo, che i grandi esperti attribuiscono allo Champagne Krug Grande Cuvée, uno dei più costosi (100-150 euro) e pregiati (94-95 punti su 100, regolarmente) Champagne S.A. al mondo? Che è talmente perfetto, così delizioso, cremoso, rotondo, minerale, corrispondente tra naso e bocca, che si finisce per scolarselo tutto senza trovare il tempo di fermarsi a riflettere per ammirare la grande tecnica che sta dietro quella bevibilità facilissima. Ovvero, se non lo sappiamo e se non ci fermiamo ad assaporarlo con più calma, potremmo non vederne gran parte dei pregi e non valutarlo nella sua reale grandezza. Uno Champagne così perfetto da non farti badare alla sua perfezione, proprio come un romanzo in cui la scrittura trasparente è abbinata a una storia piena di sfaccettature.

Certo, se poi uno al solo sentire il sapore di uno spumante ha i conati di vomito è un suo problema personale, non dello Champagne. La Fattoria degli Animali non diventa una cagatina solo perché uno detesta gli animali parlanti e Il Vecchio e il Mare non diventa un abortino solo perché uno ha un cugino pescatore che l’ha violentato e quindi odia tutti i pescatori a priori.

Se pensi che analizzare un'opera sia fare l'autopsia, significa che pensi che quell'opera sia una roba morta. Noi preferiamo pensare che le opere siano, a loro modo, vive. :-)

Se pensi che analizzare un’opera sia farne l’autopsia, significa che pensi che quell’opera sia una cosa morta.
Noi preferiamo pensare che le opere siano, a loro modo, vive. 🙂

Trovo divertente, per esempio, che tra coloro che rifiutano l’analisi e la lettura approfondita di un testo si usi l’espressione “autopsia letteraria”: questo denota, sospetto, l’inconscia consapevolezza che la propria opera sia così povera per contenuti e realizzazione, profonda come una pozzanghera, da essere una cosa morta.

Conoscere la tecnica fornisce basi oggettive non solo per amare meglio la narrativa (o il vino), ma anche per poterlo valutare liberandosi dai pregiudizi e da altri bias… quindi per poterlo valutare MEGLIO, con più onestà, senza penalizzarlo inutilmente per colpa dei propri gusti. E volendo qui si potrebbe parlare della Critica Etica del neo-aristotelico Wayne C. Booth, uno dei massimi esperti esistiti di narrativa e retorica, del suo The Company We Keep e di The Rhetoric of Fiction, ma ho già tirato troppo per le lunghe.
Chi ama davvero la letteratura conosce già questi due testi, sono letture imprescindibili per gli accademici… e anche solo per i lettori più curiosi e aperti di mente. Il fatto che molti laureati in lettere non li abbiano mai letti integralmente ci dice molto di più di quanto vorremmo sapere sulla laurea in lettere in Italia (e conferma tutto ciò che già sospettavamo).

UMBERTOecoFOTOcutIn conclusione, chi ama la narrativa non la riduce a priori tutta a immondizia su cui non vale la pena perdere tempo con riletture o (perfino!) analisi tecniche, né la sminuisce definendola una cosa morta su cui fare autopsie, anzi, vi investe molto tempo come se fosse una creatura viva e lancia sguardi approfonditi e incuriositi anche a opere che in fondo non ne meriterebbero lo sforzo.

Per questa volta diamo ragione a Umberto Eco, che riguardo alla questione ne sa!


Articolo dal blog Il Flusso Catalizzatore

Approfondimento: il personaggio nudo e le marionette inconsapevoli SelectShow

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