Giulia Besa spiega come trovare le idee

Continua la rubrica La parola agli autori. Giuseppe Menconi una settimana fa ci ha parlato di come si organizza per scrivere e oggi Giulia Besa, autrice de La Gatta degli Haiku, ci parlerà del modo con cui trova le idee per le sue storie.


Giulia, come trovi le idee per scrivere?

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Giulia Besa

Probabilmente per deformazione professionale, vedo sempre il mondo in chiave narrativa. Sono abituata ad analizzare ogni evento nell’ottica di scriverci sopra. Se sono in treno, mi chiedo perché il tizio vestito di tutto punto controlla l’orologio ogni cinque minuti, o come mai la signora con gli occhiali da sole si alza quando manca ancora mezzora alla prossima fermata, prende borse e valige, e si avvia alle uscite. Se cammino per le vie di una città, mi domando la ragione di una finestra rotta al quarto piano di un palazzo, o del lampione piegato accanto al ponte.

Come ovvio, non mi fermo alle risposte più scontate: il lampione non è vittima di un incidente stradale, ma sarà stato un troll a ridurlo così. Il troll che viveva sotto il ponte ed era infastidito dalla luce? Magari sì. Cerco l’inusuale dietro la normalità.

In altre occasioni mi piace portare i ragionamenti alle loro estreme conseguenze. Avete presente i cartelli che avvertono di non calpestare il prato? I bambini spesso obbiettano che in fondo cosa cambierebbe con una loro innocente corsetta sull’erba, e le mamme replicano che se tutti facessero così… ecco, se tutti cominciassero a calpestare ogni tipo di vegetale? Se si diffondesse una fobia erba & affini che spingesse al calpestamento come se ogni stelo fosse un ragno schifoso? Magari potrebbe nascerne un racconto apocalittico a metà strada tra Morte dell’erba e le storie di Carlton Mellick III.

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Illustrazione di Manuel Preitano

Un altro esercizio mentale con cui mi balocco, e che ho illustrato nella postfazione a La Gatta degli Haiku, è ragionare sulle metafore, sui modi di dire, sui cliché. Per esempio se sento dire che Tizio o Caio hanno lasciato questa valle di lacrime, mi immagino questa conca invasa dalle lacrime dei giganti e questo tipo che tenta disperatamente di arrampicarsi.
E dato che mi piace rimanga un collegamento con il significato originale della metafora, magari il tipo è già morto, magari è uno zombie. Chissà quale terrore degno di Lovecraft si annida in fondo alla valle di lacrime se il nostro zombie ha così tanta fretta di arrampicarsi. E sì che è già morto…

Non mi baso solo sulle mie esperienze, ma anche su quelle degli altri: se vedo un film e il protagonista, seduto in treno, si perde a fissare il tipo elegante che guarda l’orologio, volentieri mi lascio andare ai miei ragionamenti, anche se quella magari è solo una comparsa senza alcuna importanza.

Il lavoro degli altri è anche l’altra mia principale fonte di idee. Leggo molto, cerco di guardare più film interessanti possibili, e non disdegno i cartoni animati giapponesi. Nella mia concezione le idee sono come le parole: più se ne ha disposizione meglio è. Vero, ogni tanto capita di inventarsi da zero delle parole, ma nella gran parte dei casi si usano parole inventate da altri. Non è un problema: è raro che l’originalità di un testo nasca dalla singola parola, bensì deriva dall’accostamento di parole diverse.

Così è con le idee: la gran parte delle idee nuove nascono semplicemente mescolando insieme idee già esistenti. Dunque cerco di “appropriarmi” di quante più idee possibile, qualunque sia la loro provenienza.

E naturalmente ogni volta che alla fine mi ritrovo con un’idea folgorante, non manco di segnarla nella mia agenda, che un tempo era un bloc-notes e adesso è il mio fido cellulare.


Grazie a Giulia!

Avete qualcosa da chiedere a Giulia Besa? Non è detto che abbia tempo per rispondere o che riesca a rispondere in tempo breve, ma si può provare a chiedere. In ogni caso possiamo usare le domande come spunti per futuri articoli, se non sarà possibile rispondere subito. 🙂

19 comments

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    • Beppe on 27/05/2015 at 16:22
    • Reply

    Ciao Giulia complimenti.
    Volevo chiederti se puoi approfondire questa frase.
    “Così è con le idee: la gran parte delle idee nuove nascono semplicemente mescolando insieme idee già esistenti.”
    La domanda la giro anche al Duca mi interessa una sua eventuale risposta.

    Poi una domanda ancora per il Duca.
    Prendere lo scheletro di una trama già esistente e cambiare personaggi, ambientazione e eventualmente genere, è plagio?

    Grazie per le risposte, e se ho fatto domande sciocche mi scuso.

  1. @Beppe
    Definisci scheletro. Comunque “plagio” è una questione giuridica, non narrativa, per cui non posso rispondere.

      • Beppe on 27/05/2015 at 20:08
      • Reply

      Con scheletro intendo la trama, i vari passaggi della storia.

    • Michele on 27/05/2015 at 21:03
    • Reply

    Secondo me è difficile parlare di plagio riferendomi a quanto scritto nell’articolo. Cioè prendere come spunto un idea o delle situazioni non è assimilabile al plagio. Io ho studiato giurisprudenza, ammetto di aver solo accennato l’argomento in ambito penale. Ma da quello che ho intuito si tratta solo di ispirazione o magari di vedere come altri autori affrontano l’argomento di cui vuoi trattare. Allora per me dovrebbero accusare di plagio chi usa elfi debosciati nei suoi libri, almeno la smetterebbero di scrivere certe amenità.

  2. Se cambi personaggi, ambientazione, genere e di conseguenza ogni singolo dettaglio concreto, non è rimasto nulla. Se con scheletro intendi la macrostrutturazione (schemino dei passaggi fondamentali) che è ciò che rimane togliendo i dettagli concreti, i sostenitori del “viaggio dell’eroe” e del “monomito” ti direbbero che ogni storia dall’alba dei tempi è fondata su un unico scheletro con varianti.
    I sostenitori della classica divisione in tre atti pure, ti direbbero che tutte le storie hanno lo stesso scheletro. Se ti va bene altri ti direbbero che ci sono 5-10-20-30 storie possibili, che sono la base di tutte le storie. La domanda dal punto di vista narratologico non ha molto senso.

    Se andiamo oltre ed entriamo negli esatti dettagli concreti, immagino che copiare precisi e specifici dettagli concreti in gran quantità (soprattutto a livello di scene) facendo una storia fotocopia con varianti minimali (ma senza cambiare la premessa -in senso drammaturgico, si veda Lajos Egri “L’arte della scrittura drammaturgica”- e senza cambiare la caratteristiche base del personaggio che obbligatoriamente conducano a una precisa storia) forse ci si avvicina a qualcosa di così simile da sembrare un plagio…

    Ma se non entriamo nei concreti, esatti, dettagli, non si può dire. Non basta nemmeno il genere e il tipo di ambientazione, perché i dettagli concreti scelti possono essere così diversi da rendere le storie irriconoscibili (se non nelle radici più profonde). La stessa struttura di storia, con la stessa premessa e lo stesso personaggio a livello di macro-caratteristiche può essere ambientata nell’Antica Roma, nella Seconda Guerra Mondiale o in un futuro in cui la genetica ha reso le razze fantasy tolkeniane reali.
    Nei dettagli concreti sta poi l’esatta visione del mondo trasmessa dall’autore, ovvero il suo stile, e questi dettagli concreti sono ciò che davvero è presente e sono legati anche all’ambientazione, al genere ecc.

    Una storia è i suoi dettagli concreti.
    Non si può dividere la cosa da sé stessa, o non è più sé stessa.
    Se togli quelli, non si può parlare di storia e quindi nemmeno di plagio. Altrimenti tutti hanno plagiato tutto, o perlomeno tutto ciò che è apparso negli ultimi 2000 anni. 🙂

  3. Ti rispondo su cosa significhi questo, visto che avevi chiesto anche a me:

    “Così è con le idee: la gran parte delle idee nuove nascono semplicemente mescolando insieme idee già esistenti.”

    È abbastanza facile. Come puoi immaginare qualcosa? Combinando elementi già noti. La conoscenza è ricombinazione e nascita di nuovi elementi da quelli vecchi.

    Cos’è l’omino gigante in Ghostbusters?
    La combinazione dell’omino dei marshmallow + concetto di mostro gigante + concetto di mostro che attacca una città ecc.

    Cosa sono i fanti in armatura potenziata in Fanteria dello Spazio?
    Armatura + Esoscheletro potenziato + Paracadutisti + Navi spaziali + Teoria del fuoco sovietica estremizzata + Visione moderna dell’autonomia decisionale del soldato.

    Ma la teoria del volume di fuoco sovietica cos’è? Nient’altro che la teoria tedesca del volume di fuoco spostando il concetto dalla squadra (con la mitragliatrice come fondamento) al singolo soldato (ognuno con un’arma automatica usata come tale).

    Nessun singolo elemento è originale, la combinazione soltanto lo è.
    D’altronde come si può pensare qualcosa che non è possibile pensare? Possiamo pensare solo ciò che in qualche modo conosciamo perché ne abbiamo a qualche livello esperienza. 🙂

    Si definisce originale chi prima arriva a combinare elementi noti in modo ancora non fatto (o fatto da ignoti). La teoria dell’evoluzione di Darwin è qualcosa a cui molti stavano lavorando simultaneamente, perché se gli elementi noti sono comuni anche chi li ricombina può essere più di uno. Quando si dice che “era il momento giusto per un’idea” e “se non l’aveva lui, un altro l’avrebbe avuta”, si intende quello.

    Poi spesso ci si sbaglia: a Wells si attribuiscono come originali idee di cui parlò il famoso Mitchell decenni prima. Come mai lo consideriamo originale? Perché nella sua ignoranza il pubblico ha ricordato Wells, venuto dopo con idee già viste, rispetto a Mitchell che arrivò prima.

    • Michele on 27/05/2015 at 22:20
    • Reply

    Se andiamo oltre ed entriamo negli esatti dettagli concreti, immagino che copiare precisi e specifici dettagli concreti in gran quantità (soprattutto a livello di scene) facendo una storia fotocopia con varianti minimali (ma senza cambiare la premessa -in senso drammaturgico, si veda Lajos Egri “L’arte della scrittura drammaturgica”- e senza cambiare la caratteristiche base del personaggio che obbligatoriamente conducano a una precisa storia) forse ci si avvicina a qualcosa di così simile da sembrare un plagio…

    Penso sia questa la definizione di plagio, ma a questo punto non è più prendere spunto è copiare pari pari.
    Per lo schemino o la struttura in se della storia non credo possa esistere il plagio.
    Cioè credo che se volessi scrivere una storia strutturata come le cronache del ghiaccio e del fuoco, o il ciclo dell’invasione non credo mi si possa dire niente.

    • Michele on 28/05/2015 at 09:15
    • Reply

    Ecco parlando di fanteria dello spazio mi viene in mente guerra eterna (che sto leggendo ora), anche li ci sono gli esoscheletri per dirne una e comunque i due libri sono completamente diversi. Questo per dire che puoi prendere a spunto tutte le idee che vuoi senza dover per forza commettere plagio.

  4. Guerra Eterna e Fanteria dello Spazio sono due libri completamente diversi in ogni aspetto, tranne per le armature potenziate (che cmq variano molto nel primo… mi è piaciuto molto il modo in cui combattono verso la fine XD). Io ho preferito il primo, che è più fantascienza militare e meno fantascienza sociale, rispetto al secondo che ha un inizio da fantascienza militare e poi diventa solo fantascienza sociale.

    • Giulia Besa on 28/05/2015 at 14:40
    • Reply

    @Beppe

    Volevo chiederti se puoi approfondire questa frase.
    “Così è con le idee: la gran parte delle idee nuove nascono semplicemente mescolando insieme idee già esistenti.”

    Immagina che le idee siano come i mattoncini della Lego: ogni tanto ne producono di nuovi, ma la gran parte delle scatole contengono solo mattoncini standard, in circolazione da anni. Eppure, mettendoli assieme, si possono ottenere risultati originali.
    Un romanzo è come una scatola, per esempio la scatola con i pezzi per costruire un’automobilina. Il normale lettore segue le istruzioni, costruisce l’automobile, ci gioca ed è felice così. Ma uno scrittore può smontare l’automobilina e riciclarne le varie parti, sia a livello di singoli mattoncini, sia appropriandosi di componenti più corpose (per esempio gli ingranaggi del motore).
    E più accumula mattoncini e agglomerati di mattoncini, più avrà a disposizione strumenti per creare le proprie costruzioni. Più mattoncini equivale a più creatività. Per quello è utile leggere molto (e vedere molti film e vivere esperienze in prima persona, e farsele raccontare, ecc.) Un bambino con la stanza invasa dai Lego ha almeno la possibilità di costruire qualcosa di bello, un bambino che si ritrovi con soli due mattoncini in croce, per quanto sia geniale, non otterrà molto.
    Dunque l’affermazione che ogni tanto si sente da parte di certi (aspiranti) scrittori, “Io non leggo, non voglio essere influenzato”, non ha molto senso. È come se il bambino sdegnasse ogni confezione della Lego nel timore di riuscire a costruire solo repliche dei modelli già in vendita. Timore che in qualche specifico caso può essere giustificato, ma rimane il fatto che se di mattoncini non ne hai, non costruisci niente del tutto.
    E per rimanere in ottica mattoncini, ha importanza la varietà degli stessi. Per quello è utile (e divertente) leggere romanzi dei generi più diversi e provenienti da culture diverse. Perché se compri solo scatole per la realizzazione di casette, quando poi vorrai mettere una gru articolata sul tetto dell’edificio, sarai in difficoltà, non avendo a disposizione rotelle o simili. Perciò, anche se adori le casette, comprare ogni tanto un modello della linea Technic può essere vantaggioso. Disprezzare a priori determinate categorie (che possono essere i romanzi rosa come gli anime, la musica classica come i videogiochi di strategia), va benissimo fin quando si vuole essere semplici fruitori, ma per uno scrittore, in generale per un artista, è solo un danno.

      • Beppe on 28/05/2015 at 17:15
      • Reply

      Grazie a Giulia e al Duca per le risposte, davvero utili ed esaurienti.
      Avere la possibilità di comunicare con persone così in gamba è molto importante per un neofita come me, che si è appassionato alla lettura e alla scrittura da poco tempo.
      Grazie ancore e continuate così 🙂

    • Livio on 28/05/2015 at 15:20
    • Reply

    Ciao Giulia!

    Condivido ogni parola dell’intervista. Ho letto il tuo racconto giusto l’altro ieri (ho lasciato un commento su Amazon) e l’ho parecchio apprezzato! Complimenti vivissimi, spero di leggere presto altre tue storie! ^_^
    Sfogliando la Gatta mi ha sorpreso il tuo stile asciuttissimo, perfettamente trasparente e concentrato sul dettaglio materiale, così insolito per una ragazza della tua età! Memore del celebre rapporto di Carver con il suo editor, volevo domandarti: quale impatto stilistico ha avuto il Duca (presumendo che sia stato lui il tuo editor) nella forma definitiva della Gatta degli Haiku? Quanto è cambiato il tuo stile, rispetto ai tuoi lavori precedenti?

    Ho letto qualcuno obiettare che questo racconto avrebbe potuto essere ambientato in qualsiasi altra città italiana e non sarebbe cambiato nulla. Ignoranti! Se invece che una bambina affamata di Verona Lilly fosse stata di Vicenza, non avremmo mai scoperto nemmeno il nome della gatta magica ;P

    Volevo anche domandarti della figura del negromante, che compare in una sola scena e poi (peccato perché sembrava un figo!) non riappare più: proviene da qualche altra tua continuity, oppure l’hai inventato appositamente per quella scena?

    Saluti al Duca, un grande abbraccio a tutti!

    • new-reno on 28/05/2015 at 20:29
    • Reply

    @Duca

    I sostenitori della classica divisione in tre atti pure, ti direbbero che tutte le storie hanno lo stesso scheletro. Se ti va bene altri ti direbbero che ci sono 5-10-20-30 storie possibili, che sono la base di tutte le storie. La domanda dal punto di vista narratologico non ha molto senso.

    Ci sono dei testi o link che illustrino la divisione in tre atti e queste 5-10-20-30 storie possibili.
    Perchè di storie in testa ne ho tante ma sviluppare una trama dalla A alla Z è dura.

  5. Per i tre atti abbiamo indicato nell’articolo su Menconi quello della Marks, che è uno molto famoso tra quelli recenti. Diciamo che si studia quasi per obbligo come inizio, poi si prosegue con molto altro. Parleremo di altri in futuro. 🙂

    • Giulia Besa on 29/05/2015 at 09:49
    • Reply

    @Livio

    Sfogliando la Gatta mi ha sorpreso il tuo stile asciuttissimo, perfettamente trasparente e concentrato sul dettaglio materiale, così insolito per una ragazza della tua età! Memore del celebre rapporto di Carver con il suo editor, volevo domandarti: quale impatto stilistico ha avuto il Duca (presumendo che sia stato lui il tuo editor) nella forma definitiva della Gatta degli Haiku?

    Sono giovane, ma ormai sono anni che scrivo e studio narrativa. Ho imparato a svolgere un editing efficace io stessa sui testi che scrivo, e così è stato per la Gatta. Non è poi un’impresa difficile se si ha un minimo di esperienza, si lascia passare abbastanza tempo tra la prima stesura e la revisione, e infine si hanno chiari i principi a cui ci si vuole ispirare (per esempio rendere lo stile trasparente). Perciò l’intervento del Duca si è limitato a eliminare qualche refuso e poco altro. Il racconto, nel bene e nel male, è al 100% farina del mio sacco. ^_^

    Quanto è cambiato il tuo stile, rispetto ai tuoi lavori precedenti?

    Non credo sia cambiato, ma solo affinato.

    Volevo anche domandarti della figura del negromante, che compare in una sola scena e poi (peccato perché sembrava un figo!) non riappare più: proviene da qualche altra tua continuity, oppure l’hai inventato appositamente per quella scena?

    L’ho inventato sul momento. Ma concordo che ha delle potenzialità come personaggio, perciò magari comparirà in qualche altro mio racconto.

    • Michele on 29/05/2015 at 20:20
    • Reply

    Ecco, Giulia sarebbe interessante sapere quali manuali hai studiato, quali hai trovato utili e quali no. On Writing di S. king qualcuno di voi l’ha letto? Lo consigliereste?

    • Giulia Besa on 31/05/2015 at 16:51
    • Reply

    @Michele
    Ho un bel ricordo legato a On Writing: lo leggevo con interesse al parco di Villa Borghese proprio prima di iniziare a scrivere quello che sarebbe diventato il mio primo romanzo pubblicato – Numero sconosciuto.
    Di sicuro mi ha portato fortuna. ^_^ Però non è un vero e proprio manuale: di consigli pratici/tecnici ce ne sono pochi. In compenso King è bravo a suscitare entusiasmo riguardo lo scrivere e alle possibilità di ottenere risultati. Non lo consiglierei per imparare, ma lo stesso può valere la pena leggerlo.
    Di manuali veri e propri ne ho letti molti, ma è difficile fare una classifica: i primi che lo letto (quelli di Scott Card, David Gerrold, e Sol Stein) mi hanno sicuramente insegnato di più, ma solo perché successivamente ho ritrovato gli stessi consigli in altri testi. In realtà la gran parte dei manuali si sovrappongono, esponendo concetti molto simili, perciò da qualunque cominci probabilmente andrà bene.

    • Vakour on 31/05/2015 at 19:15
    • Reply

    Ciao, dopo l’ultima volta farò solo poche domande.

    1) C’è un genere che ti piace più di un altro e se sì perché?

    Così è con le idee: la gran parte delle idee nuove nascono semplicemente mescolando insieme idee già esistenti. Dunque cerco di “appropriarmi” di quante più idee possibile, qualunque sia la loro provenienza.

    2) Se è possibile sapere a meno di un articolo futuro sulle influenze che includa anche gli omaggi, qual è stato (e se c’è stato) l’omaggio che hai fatto nei tuoi libri che più ti ha divertito e piaciuto?
    3) Quanto tempo dedichi alla scrittura e ci sono dei problemi a scrivere per generi diversi (ad esempio più impegno, fatica, ecc.) rispetto a scrivere libri per lo stesso genere (esempio fantasy e i suoi vari sottogeneri)?

    Ti ringrazio.

    • Giulia Besa on 01/06/2015 at 23:34
    • Reply

    @Vakour

    1) C’è un genere che ti piace più di un altro e se sì perché?

    Mi piace il fantastico. Per due ragioni: perché sono cresciuta leggendo Harry Potter, e guardando Sailor Moon e i Pokémon; e perché trovo il mondo noioso, la realtà non mi entusiasma e solo il fantastico mi consente di evadere e dare libero sfogo alla mia creatività.

    2) Se è possibile sapere a meno di un articolo futuro sulle influenze che includa anche gli omaggi, qual è stato (e se c’è stato) l’omaggio che hai fatto nei tuoi libri che più ti ha divertito e piaciuto?

    Finora non ho mai inserito particolari omaggi o riferimenti nelle mie opere. Ma ce ne saranno nel mio prossimo romanzo fantasy – che sto editando proprio in questi giorni. Quando uscirà, ne parlerò. ^_^

    3) Quanto tempo dedichi alla scrittura e ci sono dei problemi a scrivere per generi diversi (ad esempio più impegno, fatica, ecc.) rispetto a scrivere libri per lo stesso genere (esempio fantasy e i suoi vari sottogeneri)?

    Quando mi prendo l’impegno di scrivere un romanzo, scrivo per diverse ore al giorno (normalmente dalle quattro alle otto ore). Tra romanzi e racconti, e tra opere pubblicate e non (finora), ho scritto in diversi generi: dal fantasy appunto, al rosa, dallo storico all’horror. Ogni genere ha i suoi canoni e occorre impararli, mentre lo stile è fondamentalmente neutro: una buona scrittura “funziona” con qualunque genere. Tra questi il genere che trovo più complicato da affrontare è il fantasy, specie perché cerco di essere originale.

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