Un personaggio attivo in fallimento

Oggi parliamo di che cos’è una storia e di perché il fallimento è importante. Non abbiamo ancora parlato di conflitto, di premessa, di empatia, di piacere pertinente, di hamartia aristotelica o tridimensionalità del personaggio, è vero, ma partiamo terra-terra, dalle basi.
In modo facile, in poche parole: cos’è una storia? Pensiamoci.

Una storia assomiglia a qualcosa così, in molti casi:

  • Il personaggio si trova in una situazione iniziale normale: un lavoro d’ufficio; la routine della trincea tra noia, fango e lettere a casa; si è appena laureato; vive un matrimonio all’apparenza felice.
  • Qualcosa sconvolge la normalità: viene licenziato; ordinano un assalto dopo mesi di pseudo-tregua; scoppia la guerra e si arruola; sua moglie lo tradisce oppure… vince al superenalotto e diventa un riccone pieno di guai perché non sa gestire la sua nuova vita!
  • Il personaggio reagisce al cambiamento e lotta per ottenere qualcosa: realizzare il sogno di aprire una pizzeria; riuscire a farsi ferire in modo grave (ma non mortale) per ottenere il congedo; sopravvivere assieme ai compagni di studio arruolati con lui; vendicarsi senza che la moglie scopra mai cosa lui sa e cosa sta facendo, fino a rovinare completamente la vita sua e dell’amante.
  • Qualcuno si oppone al protagonista, sempre di più, con un crescendo di rischi concreti sempre più gravi: come si dice in narrativa, se all’inizio lo minacciano allora poi lo picchiano e alla fine cercano di ucciderlo.
  • Nel corso delle vicende il personaggio cambia, un po’ alla volta: la sua visione del mondo viene messa in discussione, possibilmente grazie al confermarsi e riconfermarsi nelle scene della premessa scelta (per esempio tutti gli atti di generosità o di pietà si ritorcono contro di lui o gli altri che li fanno); idealmente compie un arco di trasformazione completo che coinvolge la sua interiorità e le sue relazioni, portandolo al mutamento finale necessario per vincere.
  • Il personaggio alla fine vince, perde o pareggia. In ogni caso lui è cambiato (magari non nel modo corretto per vincere o troppo poco) e il mondo attorno a lui, perlomeno quello in cui vive quotidianamente, pure.
Illustrazione di Manuel Preitano

Fantascienza militare e alieni.

Semplice no? Questa è la base di una storia tipica: qualcuno vuole qualcosa, qualcun altro gli si oppone. Di norma il protagonista deve cambiare, poco o molto in base alla storia, per trionfare sulle avversità. O anche solo per realismo: ogni esperienza di vita significativa porta a un piccolo o grande cambiamento, se il personaggio non cambia vivendola significa che non è ben sviluppato e la storia suonerà poco credibile. Di sicuro al centro c’è il conflitto, c’è una lotta tra personaggi che desiderano ottenere qualcosa. L’ambientazione stessa può essere un personaggio (pensate al contesto della nave spaziale in Abaddon di Giuseppe Menconi), a tale scopo, ma ci torneremo in un futuro articolo.

Insomma, di solito il personaggio deve agire, deve essere attivo, per ottenere quel che vuole. Badate bene a non lasciarvi confondere sul significato di attivo: anche un personaggio che inizialmente si oppone con tutte le sue forze al cambiamento è attivo, lotta per mantenere tutto com’è e trascinarsi verso la morte rifiutando con ostinazione ogni possibilità, sempre più difficili da evitare, di cambiamento positivo. Allo stesso modo ci sono personaggi che non cambiano, ma portano altri (che poi sono protagonisti delle loro singole storie) al cambiamento. Ma sono questioni troppo di nicchia ora: torneremo sui personaggi attivamente “passivi” e sui personaggi catalizzatori in futuro.

Haiku_copertina1_900x1200

Un’orfana. Una gatta. Il comunismo.

Il problema di fondo di un romanzo in cui magari vi sono conflitto e cambiamento a sufficienza, ma qualcosa pare non girare per il verso giusto, potrebbe essere il protagonista troppo passivo. I personaggi un po’ passivi possono funzionare in opere brevi, in cui la loro passività (ma mai troppa) non viene a noia perché la storia termina prima e perché la passività aiuta ad aumentare i motivi di sofferenza. La bambina di La Gatta degli Haiku di Giulia Besa non ha la forza per cambiare la propria vita da sola e subisce ogni sorta di angheria e disagio, ma anche se può fare ben poco da sola non è del tutto passiva.

Per esempio un ottimo romanzo di guerra può essere rovinato da un protagonista soldato semplice infilato in una contesto più grande di lui in cui può solo obbedire… e che viene fatto solo obbedire. Manca l’indipendenza, la possibilità per il protagonista di “metterla sul personale”: è solo uno dei tanti, non è speciale perché gli succede qualcosa di fuori dal comune pur nel contesto di un conflitto di massa: non è Porta o l’Unno di Sven Hassel che vanno a rapinare le scorte d’oro della banca russa (o quello che era, letto troppo tempo fa); non è il cecchino col suo dramma personale nel film Il nemico alle porte; non è uno dei piloti principali di Gundam Seed costretto a fare scelte che lo segnano, a vivere come una propria colpa i danni collaterali sui civili che conosceva.

Il protagonista può essere dotato di particolare realismo, di credibilità, può essere un soldato VERO (semplicemente un uomo) come quelli del bellissimo film tedesco Stalingrad… però non deve essere passivo: i soldati del film Stalingrad avevano margine di scelta, tant’è che alla fine c’è pure la rivolta e il tentativo di disertare. Non sono passivi, anche se il contesto è molto più grande di loro.

Copertina con titolo e logo

Genova Steampunk, 1912.

Al protagonista, anche quando la vicenda lo obbliga continuamente sulla difensiva a subire gli attacchi dei nemici (o gli ordini dei superiori), deve essere data comunque l’occasione di mostrarsi come un personaggio che decide del proprio destino facendo scelte che lo influenzano. Non può essere solo uno dei tanti piloti di Mech che smitragliano i nemici: deve trovarsi a decidere se sparare un razzo alla cieca in una chiesa che può contenere tanto una mitragliatrice nemica quanto decine di bambini, oppure se usare la tortura per ottenere informazioni (false, ma senza saperlo perché sta torturando un innocente ignaro) pur di salvare i propri compagni (fallendo a causa delle informazioni false).

La vicenda in cui si trova invischiata Barbara Ann in Caligo di Alessandro Scalzo è ben al di là delle possibilità di una giovane ragazza, ma lei è un personaggio forte, attivo e sa quello che vuole. Non è una damigella in pericolo in attesa di un salvatore: anche quando lo zio la aiuta, lei ha già dimostrato e dimostrerà ancora di potersela cavare. Questo è un personaggio attivo. Parleremo della struttura di Caligo in futuro.

Per vincere dobbiamo essere i più forti tra i due nel punto di impatto. La nostra sola speranza risiede nel controllo sulla scelta delle operazioni, senza aspettare passivamente che sia il nemico a scegliere per noi.

(Alfred Graf von Schlieffen, Capo dello Stato Maggiore Generale Tedesco tra 1891 e 1906)

Un concetto importantissimo in narrativa: il fallimento.

Se qualcosa pare andare bene al protagonista, c’è una macro-sconfitta dopo… se Gino finalmente ottiene il prestito per comprare l’auto nuova dei suoi sogni, la bellissima auto nuova verrà rubata! Se Pino ha sconfitto gli assedianti e li ha ricacciati dietro la breccia con gravissime perdite e spera che ora chiederanno la pace, subito in città esploderà una pestilenza legata alle scarse scorte idriche e al poco cibo e i nemici non solo non si arrenderanno, ma staranno ancora più attenti a mantenere il blocco impedendo qualsiasi rifornimento. Afferrato il meccanismo?

Per semplificare, immagina di avere un obbiettivo e una domanda per ogni capitolo (grossomodo, prendi tutto ciò che scrivo come indicazioni): ogni capitolo, immaginando che ognuno abbia un solo personaggio Punto di Vista, si apre facendo capire qual è l’obbiettivo e qual è la domanda tramite i contenuti dei primissimi capoversi. Per esempio: Gino si sistema per bene allo specchio del bagno, fa esercizi di respirazione, ripete il suo discorsetto su quanto è solida la sua azienda e che quindi potrà ripagare il prestito e bla bla bla, ed ecco, senza alcun inutile spiegone abbiano capito quanto il prestito che Gino desidera (obbiettivo) sia importante per lui e ci chiediamo se lo otterrà (domanda).
La vicenda si evolve grazie al conflitto per fare in modo che la domanda ottenga un “sì” come risposta (un serrato dialogo con l’antagonista che potrebbe concedere il prestito) e alla fine si conclude con un “NO” o – peggio ancora per il povero personaggio – con un “Sì, ma…” o addirittura con un “No, e inoltre…” in cui alla disfatta si aggiunge un disastro ulteriore collegato e inatteso.

"Com'è umano, lei..."

“Com’è umano, lei…”

E dietro il “ma” può esserci ogni sorta di contorno che tramuta il completo successo in un amaro successo e poi in una sconfitta. Tipo “Sì, ti daremo i soldi per non dover chiudere l’azienda e far perdere così il lavoro ai tuoi 40 dipendenti… MA vogliamo una quota di controllo sulla tua azienda di famiglia rimasta indipendente fin dal tempo di tuo nonno” e alla fine, magari già nel capitolo dopo, vendono la loro quota a un cinese che la delocalizza a Pechino e così i dipendenti vengono licenziati e lui ha perso pure la proprietà dell’azienda di famiglia.

D’altronde il personaggio non deve solo lottare: deve soffrire.
E anche su questo argomento torneremo in un altro articolo!

P.S.
Non prendere le mie brevi spiegazioni come oro colato, ma almeno poniti delle domande quando progetterai le tue storie: il tuo personaggio sta lottando (quale sia l’accezione possibile), soffrendo (mentalmente e/o fisicamente) e perdendo fino a quando la storia non si evolve verso la vittoria finale? O la sconfitta finale… parleremo di tragedie a tempo debito. 😉

1 ping

  1. […] precedente articolo abbiamo parlato del fallimento e del conflitto come elementi che stanno alla base della costruzione di una storia […]

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.