Torna indietro: giugno, dall’undici al venti.
21 giugno
1900: dopo molte esitazioni, l’Imperatrice vedova Cixi dichiara guerra alle potenze straniere che stanno combattendo contro la rivolta dei Boxer. I Boxer, esaltati e convinti di essere invulnerabili alle armi da fuoco, avevano appena invaso Pechino al motto “Supportiamo il governo Qing e sterminiamo gli stranieri!”
Il 20 giugno quasi mille occidentali tra soldati e civili e quasi tremila cristiani cinesi si erano rifugiati nel quartiere delle Legazioni Internazionali, dove erano ospitate 11 legazioni straniere e diverse banche. L’assedio era cominciato: fino al 14 agosto i rifugiati dovettero affrontare come meglio poterono ben 20mila fanatici Boxer , in gran parte armati con armi ad asta, coltelli e spade. Fu un assedio disperato in attesa dei rinforzi: quasi metà dei 409 soldati occidentali finirono morti o feriti.
22 giugno
1813: l’eroina canadese Laura Secord effettua la sua famosa marcia di 32 km per avvertire il comandante britannico dell’imminente attacco statunitense.
Laura era figlia di un rivoluzionario che si era trasferito con la famiglia, nel 1796, dagli USA al Canada. Lì si era sposata con un fervente lealista, James Secord, che durante la Guerra del 1812 tra USA e Regno Unito combatté nella milizia.
Il marito venne ferito in battaglia e Laura lo salvò e riportò a casa. Si racconta, ma è probabilmente un’invenzione successiva dei discendenti, che Laura affrontò da sola tre soldati statunitensi che volevano uccidere con i calci dei fucili il marito e offrì la propria vita. Un ufficiale si accorse di cosa stava accadendo e la mandò via assieme al marito, ormai incapace di combattere.
I soldati USA occuparono la zona del Niagara, dove Laura abitava, e iniziarono a deportare tutti i maschi in età militare. Non il marito o altri ormai incapaci di combattere. Laura però era una patriota, come il marito, e anche se la sua famiglia non era in pericolo sentì il bisogno di agire.
Appena scoprì che i soldati USA stavano organizzando un attacco a sorpresa contro i britannici, Laura partì e affrontò una marcia di 32 km per raggiungere l’accampamento di guerrieri Mohawk più vicino. I guerrieri la scortarono fino al comandante britannico FitzGibbon per raccontare tutto: l’avvertimento gli permise di non farsi trovare impreparato.
Ai 50 soldati britannici si unirono 400 guerrieri Mohawk e quando i 600 statunitensi arrivarono non ci fu alcuna sorpresa. La battaglia di Beaver Dams del 24 giugno fu una vittoria britannica che distrusse il morale statunitense e amplificò in loro il terrore verso gli indiani, fedeli ai britannici, tanto che non osarono più mandare pattuglie dal loro fortino a più di un miglio di distanza.
Il ruolo determinante di Laura non venne ricordato fino al 1860, quando Re Edoardo VII ne ebbe notizia e le fece inviare 100 sterline come premio, anche se già nel 1827 il comandante FitzGibbon aveva scritto di quanto era stata fondamentale per l’esito della battaglia.
23 giugno
1868: negli USA Christopher Latham Sholes riceve il brevetto per la sua macchina da scrivere. Fu la prima della storia? No di certo.
Le macchine da scrivere furono fin dalle origini un prodotto dell’ingegno italiano, ben da prima che Olivetti legasse l’Italia a quei prodotti. La primissima proto macchina da scrivere pare risalga addirittura al 1525, la “scrittura tattile” di Francesco Rampazzetto.
Le macchine da scrivere moderne risalgono alla prima metà dell’Ottocento. Nel 1802 il conte Agostino Fantoni creò la sua “preziosa stamperia”, una macchina da scrivere che impiegava carta carbone, per permettere la scrittura alla sorella divenuta cieca. La macchina fu poi perfezionata nel 1806-1808 da un amico del conte, Pellegrino Turri.
Tradizionalmente la prima macchina da scrivere moderna è però considerata il “cembalo scrivano” di Giuseppe Ravizza, avvocato novarese, creata nel 1846 e brevettata nel 1855. Curiosamente, anche nel suo caso l’intento era umanitario: permettere la scrittura ai ciechi. Per chi aveva la vista, c’era l’innovazione rispetto ad altri modelli nati nei decenni precedenti di poter vedere ciò che si stava scrivendo.
Ravizza aveva preso spunto dal Tachigrafo dell’ingegner Pietro Conti, altra macchina da scrivere apparsa nel 1827, ma quella di Ravizza fu davvero moderna, con tutte le caratteristiche tipiche di una macchina da scrivere come la immaginiamo, e non venne superata fino all’arrivo della Remington del 1873.
Alla Remington produssero proprio la macchina di Sholes, tornando all’inizio di quanto scritto. Di Sholes si può dire che, a differenza degli italiani, seppe vedere il potenziale della sua invenzione e ottenere che venisse prodotta industrialmente. Tante volte il primato è italiano, ma poi ci si perde per strada. 🙂
24 giugno
1859: Battaglia di Solferino e San Martino! Oltre 230.000 uomini si affrontarono in quel giorno glorioso: il Regno di Sardegna assieme alla Francia trionfarono contro l’Impiccatore austriaco!
Poche settimane dopo la vittoria, la Lombardia venne liberata con l’armistizio di Villafranca e si ricongiunse al fratello Piemonte!
Ricordiamo quest’oggi tutti i martiri che col loro sacrificio fecero Risorgere l’Italia! Viva il Re! Viva la Libertà!
25 giugno
1866: Battaglia di Ponte Caffaro tra il Regno d’Italia e gli austriaci. Incluse un duello sul ponte e colpi di sciabola e morsicature di cane (il bulldog mascotte dei garibaldini). Con due dozzine tra morti, feriti e dispersi in totale tra i due schieramenti, la vittoria fu italiana. Nell’immagine Castellini, comandante dei garibaldini.
26 giugno
1826: la Repubblica di Cospaia rinuncia all’indipendenza e si fa annettere allo Stato Pontificio. Una striscia di 330 ettari e circa 300 abitanti, indipendente per un errore nelle mappe fin dal 1441. Era una repubblica anarchica, dedita alla coltivazione del tabacco, rifugio per contrabbandieri e ricercati.
27 giugno
1905: inizia l’ammutinamento della corazzata Potëmkin, con il rifiuto dei marinai di mangiare carne marcia piena di larve di mosche. La Russia, dopo la sconfitte contro il Giappone, in particolare dopo la disastrosa battaglia navale di Tsushima del mese precedente, con 21 navi distrutte e oltre 4mila morti, era sull’orlo del collasso del fronte interno: una vittoriosa rivoluzione comunista sembrava prossima.
Fu questo crollo, unito alla diplomazia delle potenze occidentali, stupite dalla potenza e dal coraggio dei giapponesi, a salvare il Giappone dalla distruzione: seppure la pulce giapponese avesse punto duro l’orso russo, per quelle poche vittorie aveva dovuto dare tutta sé stessa. L’orso invece aveva appena cominciato, in un anno, a mettere in campo le sue forze e aveva tutte le intenzioni e la potenza militare per cancellare il Giappone dalla storia, come cultura e come nazione.
Era ciò che il Giappone voleva: la certezza della sua distruzione spaventò USA e nazioni europee, molte in eccellenti e proficui rapporti da tempo con il Giappone, che si impegnarono per calmare gli animi e tramutare le vittorie giapponesi in un pareggio onorevole per entrambi le parti. L’obbiettivo del Giappone, dopo le umiliazioni diplomatiche del 1895, era stato raggiunto: ora era considerata, senza più riserve o dubbi, una nazione potente e civile quanto quelle bianche. Come scrisse Luigi Barzini nelle sue memorie sul conflitto del 1904-1905, solo le nazioni che sanno fare la guerra ricevono rispetto tra le potenze occidentali.
La vicenda della Potëmkin ispirò il meraviglioso film del 1925 “La corazzata Potëmkin” (75 minuti, non è lungo), che a parte gli effetti speciali interessanti per l’epoca, è da lodare per la notevole mimica e la credibilità degli attori: con sole espressioni e gesti, e poche battute scritte, sanno rendersi odiosi (gli ufficiali) e sanno trasmettere il proprio dolore e la propria voglia di sentirsi di nuovo umani (i marinai). Ancora più grande fu la sconfitta dell’autocrazia russa quando vennero inviati due squadroni a fermare la Potëmkin o affondarla: i marinai rifiutarono di sparare contro i loro fratelli della Potëmkin e quando il comandante Kolands della Dvenadsat Apostolov tentò di speronarla, i suoi marinari si ribellarono e lo fermarono.
Storica la didascalia del film di Eisenstein: “Noi marinai dobbiamo stare spalla a spalla con i lavoratori nelle prime file della rivoluzione”.
Al centro nella foto, a sinistra, il sottufficiale Matushenko, una delle eroiche guide dell’ammutinamento. Non aveva particolari idee politiche, solo il desiderio di venire trattato come un essere umano. Nel 1907 tornò sotto falso nome in Russia, venne arrestato e impiccato.
Onore ai marinai della Potëmkin!
28 giugno
1883: a Milano entra in funzione la prima centrale elettrica dell’Europa continentale, in via Santa Radegonda, vicino al Duomo.
La centrale a corrente continua, riconoscibile per la ciminiera in mattoni alta 52 metri, era dotata di 4 dinamo Edison tipo C “Jumbo” (le più potenti) ognuna in grado di tenere attive 1200 lampade da 16 candele a 100-110 Volt. Un totale di 350 kW massimi. L’energia meccanica per le dinamo, e da loro convertita in energia elettrica, era fornita dai motori a vapore con caldaie alimentate a carbone.
Il 26 dicembre 1883 la centrale iniziò a servire il Teatro alla Scala (2880 lampade) e aumentò a 6 il numero delle dinamo. Se si pensa che nel progetto iniziale le dinamo erano solo 3, è facile capire come la diffusione dell’illuminazione elettrica fosse sopra le prudenti aspettative iniziali. Quando il Comune richiese di fornire l’illuminazione stradale, due anni dopo, la centrale si dotò di altre 8 dinamo Thomson-Houston.
Il primo anno la centrale fornì corrente a 700 lampade di abbonati, ma già nel 1886 le lampade servite erano salite a 7600: ben più della capacità massima iniziale della centrale.
La centrale ebbe vita breve per colpa degli enormi limiti di distanza utile di trasmissione della corrente continua, molto diversi da quelli della corrente alternata divenuta poi dominante. Già nel 1898, poco distante, nell’officina di via Agnello, vennero installati i convertitori rotanti per tramutare in corrente continua la corrente alternata che giungeva dalla Centrale Idroelettrica di Paderno.
Nel 1926 la centrale di Santa Radegonda sparì, demolita per far posto a un cinema Odeon. Peccato, quei 52 metri di ciminiera in mattoni erano un tocco delizioso vicino al Duomo.
29 giugno
1880: Pomare V, l’ultimo re di Tahiti, che di governare proprio non aveva voglia, cede alle pressioni dei suoi capi tribù e abdica cedendo il regno alla Francia.
Fu una colonia speciale, dato che subito a tutti i sudditi del vecchio Regno di Tahiti venne concessa la piena cittadinanza francese. Due settimane dopo, in strada, il popolovo gridava di gioia “Vive la République!”
De gustibus…
30 giugno
1908: un’esplosione misteriosa in Siberia, nella zona che prende il nome dal fiume Tunguska, distrugge un’area di 2150 km quadrati, abbattendo circa 80 milioni di alberi e causando un terremoto di magnitudo 5 nella scala Richter. Si stima che fu equivalente a 10-15 megatoni (fino a 1000 volte la bomba di Hiroshima). Si ritiene che potrebbe essere stata causata da un asteroide, esploso nell’atmosfera.
Versioni più fantasiose, e adatte a un romanzo, accusano Tesla e i suoi esperimenti. Tesla era già stato accusato di aver procurato un terremoto a New York nel 1898 con il proprio oscillatore elettro-meccanico, un generatore elettrico a pistone che oscillava violentemente su e giù.
Nella foto: la foresta vista dall’esplorazione investigativa del 1927.
Prosegui con: luglio, dal primo al dieci del mese.
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