Leggere non è in sé un valore

Riporto questa riflessione scritta per la pagina Facebook, ispirata dalla visione della splendida Fontana dei Libri in via degli Staderari (fabbricanti di bilance), a Roma. Notare la testa di cervo, simbolo del rione Sant’Eustachio. Roma è una città con dei monumenti meravigliosi.

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Fontana dei Libri, via degli Staderari, Roma.

Guardando questa fontana vorrei dire che è una fontana in cui ci si può abbeverare dalla cultura, ma sappiamo bene che molti libri contengono immondizia il cui miglior effetto è danneggiare la collettività rendendo meno intelligenti chi li legge. Frequentare ambienti stimolanti, intelligenti, che obbligano al pensiero e all’elasticità mentale rende più capaci di ragionare e favorisce l’apprendimento.

Molti libri, come molti film, sono l’opposto di questa esperienza al punto tale che chi li subisce arriva a rincitrullirsi fino a non riuscire nemmeno a notare i problemi di quelle opere. Le capacità sono generali: se non nota certe cose lì, non le noterà nella vita di tutti i giorni. Farsi scudo dietro “è solo un libro” o “che importa, è solo un film” per mascherare l’imbarazzo di essersi ormai istituzionalizzati alla stupidità, è la bandiera bianca del pensiero critico e della razionalità che ormai non riescono più a farsi ascoltare nella vita quotidiana (libri e film inclusi) di quell’individuo.

“Spegnere il cervello” non è qualcosa che si può fare a comando, perché le reazioni di difesa di fronte all’insensatezza sono automatiche in una mente razionale. Chi sa “spegnerlo” quando vuole è perché in realtà ha dimenticato da tempo come fare a riaccenderlo. Da qualche parte questa educazione all’acriticità è venuta, come viene quella all’accettare la violenza o il sopruso come fatti normali.

Il libro è solo un libro, un mezzo per trasferire concetti codificati in immagini: è il contenuto che conta. La lettura in sé non ha un valore positivo: è, come la guerra nel buddismo zen, un concetto neutro che diventa negativo o positivo in base al risultato che consegue.

Un buon libro dovrebbe educarci alla complessità e all’intelligenza anche quando parla di guerre nello spazio, di maghi o di cotte adolescenziali. Dov’è il divertimento della lettura se si viene trattati dall’autore come deficienti?

Grazie e buona lettura. 🙂

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