[important]
Nota del Duca:
Oggi la sezione La parola agli autori dà voce per la prima volta a una delle nostre traduttrici, Silvia Sciascia. I traduttori, seppure in modo diverso rispetto agli autori di opere del tutto originali, sono comunque autori e per Vaporteppa è importante valorizzarli, supportarli nel lavoro e considerarli nello stesso modo in cui vengono considerati gli autori degli originali. Vaporteppa depreca la pratica diffusa, tra molti editori, di non curare la traduzione con lo stesso impegno con cui si cura un testo originale, spesso pubblicando la prima stesura della traduzione così come arriva… e naturalmente non consideriamo editori degni di rispetto quelli che omettono (illegalmente) il nome del traduttore.
La parola a Silvia Sciascia!
[/important]
Con La Casa sulle Sabbie Mobili di Carlton Mellick III mi sono misurata per la prima volta con la traduzione di un testo letterario. È stato per me molto stimolante in quanto ho potuto apprendere nuove tecniche di traduzione e avvicinarmi all’affascinante mondo dell’editoria.
Avevo già esperienza nella traduzione tecnico-scientifica, ma tradurre un testo letterario è cosa completamente differente. Non si tratta solo di passare un’informazione tecnica o riassumere un significato in generale, bensì di restituire uno stile, emozioni, concetti e idee che l’autore vuole esprimere nella sua lingua. Inoltre anche la lunghezza del testo non è un fattore da trascurare: passare dalle poche pagine di un testo tecnico alle 58.000 parole dell’opera di Carlton Mellick III è sicuramente tutt’altra cosa.
Tradurre La Casa sulle Sabbie Mobili è stato un impegno che mi ha accompagnata per diversi mesi e ha comportato tanta fatica, impegno e dedizione. Non è stato tutto rose e fiori e, se devo essere onesta, non mi mancano le ore passate bloccata su una frase a chiedermi: perché in inglese la frase scivola liscia come l’olio e le parole sono in perfetta armonia nel rendere quel concetto o quell’idea, e invece in italiano sembra che la frase tentenni e le parole non riescano a centrare il punto con lo stesso carico di emozioni?
Da qui nasce l’esigenza di apportare piccole modifiche per cercare di rendere la traduzione più scorrevole e più immediata per un lettore italiano, discostandosi però il meno possibile dall’originale.
Quando ho iniziato a tradurre le prime pagine del libro avevo quasi paura di renderlo in italiano. Mi soffermavo troppo su ogni singola parola e frase; temevo di rovinare qualcosa e la traduzione in italiano sembrava solo una brutta copia di ciò che Mellick III stava raccontando in inglese. Tuttavia, ho imparato a lasciarmi andare e a immedesimarmi in un lettore italiano. E ho iniziato a tradurre pensando a chi avrebbe dovuto leggere la storia, abbandonando così la pretesa di tradurre il testo troppo letteralmente; mi sono presa pertanto qualche piccola libertà, al fine di rendere la lettura piacevole in italiano esattamente come lo è in inglese. Questo ha fatto sì che pagina dopo pagina mi appassionassi sempre più al testo fino a sentirlo anche un po’ mio.
Sottolineo che le libertà che mi sono presa sono state davvero poche perché la scrittura di Mellick III è semplice, chiara e assolutamente non contorta. Non è stato quindi necessario compiere nessuna “acrobazia” che mi portasse a stravolgere completamente una sua frase in modo da renderla leggibile in italiano. Mi ritengo quindi fortunata perché ho potuto rispettare la sua opera. L’obiettivo principale era infatti proprio quello di restituire al pubblico italiano un testo il più possibile fedele all’originale.
Nonostante la scrittura di Carlton Mellick III sia chiara e trasparente, non vi nascondo che ogni tanto qualche incertezza l’ho avuta. Come anticipavo prima, una difficoltà è stata senz’altro quella di rendere la lettura scorrevole in italiano. Spesso per raggiungere questo obiettivo è stato sufficiente apportare qualche variazione nella punteggiatura. Le frasi in inglese sono solitamente molto brevi con poche subordinate, cosa che di norma non capita in italiano. Talvolta sono stata costretta a unire due frasi che in inglese erano intervallate da un punto. In alcuni casi invece ho optato per l’aggiunta di una virgola, mentre altre volte è stato necessario eliminare la virgola perché superflua, come nell’esempio riportato sotto.
But Polly doesn’t care about which exit they take. She just runs. Holding the cage for dear life, she charges through the massive room, far away from the smoke and flames, and enters the closest door she can find.
Traduzione:
Ma Polly non si preoccupa di guardare in quale direzione andare. Corre e basta. Tiene la gabbia per proteggersi, avanza nella grande stanza, lontano dal fumo e dalle fiamme ed entra nella porta più vicina che trova.
In inglese si fa largo uso dell’em dash —, che spesso funziona bene anche in italiano, ma in certi casi, come quello che riporto sotto, ho preferito ricorrere alla tradizionale virgola.
There are three rows of desks and each desk is big enough for two people—a boy and a girl. It has been this way ever since kindergarten. Boys and girls work together as a two person team, to prepare them for life as a married couple when they become adults. Naturally, the boys and girls want to be partnered with those they like best. It’s the first time Tick will actually be paired with Darcy—the girl he’s been in love with since the third grade.
Traduzione:
Ci sono tre file di banchi e in ogni banco ci stanno due persone, un ragazzo e una ragazza. È stato così fin dalla scuola materna. Ragazzi e ragazze lavorano insieme come una squadra composta da due persone, per prepararsi alla vita da sposati quando diventeranno adulti. Naturalmente i ragazzi e le ragazze vogliono fare coppia con chi preferiscono. È la prima volta in realtà che Tick fa coppia con Darcy, la ragazza di cui è innamorato fin dalla terza elementare.
Ho trovato interessante anche misurarmi con le espressioni di stupore. Ad esempio, ho reso l’espressione «What!» Polly cries con «Cosa?!» urla Polly, decidendo di aggiungere il punto interrogativo per esprimere meglio lo stupore del “What!” inglese. Nelle primissime pagine invece ho trovato l’espressione «Oww!» che corrisponde al nostro «Ahi!».
Il testo de La Casa sulle Sabbie Mobili è ricco di dialoghi e Mellick III utilizza molto il dialogue tag “says“. In italiano risulta fastidioso tradurre sempre con “dice“; inizialmente ho cercato di ricorrere all’uso di sinonimi, quali ad esempio risponde, afferma, controbatte, ma ciò non faceva altro che rendere meno fluido il testo. Ho quindi preferito eliminare i “dice” superflui laddove possibile, ovvero quando l’alternanza di chi parla o le azioni che compie per introdurre la battuta permettono di capire senza problemi chi sta parlando. Se in inglese ripetere la stessa parola più volte in frasi vicine non disturba la lettura, in italiano ciò non è possibile e si può ricorrere all’utilizzo di sinonimi, che però non sempre funzionano bene quando si traduce dall’inglese.
[notice]
Nota del Duca:
I sinonimi sono un problema soprattutto nel caso dei dialogue tag che definiscono concetti interpretati (ribatte, interrompe, si inserisce, giudica, ammonisce, pungola, eiacula) invece di toni reali e concreti (urla, sussurra, grida, mormora, ringhia, borbotta). I dialogue tag non concreti sono goffi in quanto spiegano concetti che devono essere chiari dagli elementi concreti mostrati dal contesto e dal contenuto della battuta stessa.
La realtà percepita del personaggio si spiega da sola, se ben realizzata: per esempio è evidente che se un personaggio risponde a un altro sta rispondendo, senza scrivere “risponde”. Nella collana Vaporteppa il modo pigro di scrivere che cura poco il contesto e precisa cose inutili è deprecato. Fortunatamente le opere di Mellick, essendo in generale ben scritte, hanno ben pochi dialogue tag simili e quando presenti sono stati quasi sempre lasciati.
[/notice]
A questo proposito ecco un esempio.
«What?» Tick says.
«I want to sit next to Darcy,» Mike says. «Go be partners with Tori.»
«No way,» Tick says. «I want to sit next to Darcy.»
Mike tugs on the back of Tick’s seat, pulling him away from his desk.
«Don’t be so selfish,» Mike says. «I deserve to sit next to her. She said she likes me.»
«No, she didn’t,» Tick says.
Traduzione:
«Che vuoi?» dice Tick.
«Voglio sedermi vicino a Darcy. Va’ a fare coppia con Tori.»
«Neanche per sogno. Io voglio sedermi vicino a Darcy.»
Mike strattona lo schienale della sedia di Tick, trascinandolo via dal banco.
«Non essere così egoista,» dice Mike. «Io merito di sedermi vicino a lei. Mi ha detto che le piaccio.»
«No, non l’ha detto.»
In inglese in una frase non può mai mancare il soggetto. A tal proposito si ricorre spesso all’utilizzo dei pronomi personali: “he”, “she” e “it”. In italiano invece il soggetto può anche essere omesso, ma quando si traduce dall’inglese occorre fare attenzione che si capisca bene di chi si sta parlando. Discorso analogo vale per gli aggettivi possessivi “his”, “her” e “its”, che in inglese si riferiscono rispettivamente al soggetto maschile, femminile e neutro. La lingua italiana invece non prevede questa distinzione.
«Okay… I’ll go get a bandage.» Her voice is much quieter, the tension releases from her muscles. «You stay here and fix Nanny…»
Traduzione:
«Ok… Vado a prendere una benda.» La voce di Polly sembra più tranquilla, è meno tesa. «Tu resta qui e aggiusta Tata…»
In questo caso ho reso “her voice” con “la voce di Polly“. È stato infatti necessario indicare il soggetto perché se avessi tradotto solamente con la “sua voce” non era immediatamente comprensibile a chi ci si stava riferendo: i soggetti coinvolti nel dialogo erano infatti due, Tick e Polly.
Nel testo di Carlton Mellick III non ho trovato parole particolarmente complicate da tradurre in italiano. Ho solo avuto qualche incertezza nel rendere la parola “nursery“, il cui significato letterale è “stanza dei bambini“. Questo è il termine che ricorre maggiormente in tutto il racconto. L’autore con esso intende il luogo in cui crescono i bambini che è composto però da diverse stanze, tra cui la stanza dei giochi, la stanza del tè, la biblioteca, le camere da letto, ecc. La traduzione italiana “stanza dei bambini” risultava pertanto piuttosto bizzarra e non adatta a rendere quanto mai chiaro il concetto voluto dall’autore, anzi ne restringeva necessariamente il significato. Dopo varie opzioni, la scelta è ricaduta su “appartamento dei bambini“: mi sembrava l’espressione più corretta a indicare questo luogo composto da più stanze.
Infine, vorrei solo fare una breve considerazione sul titolo. Il titolo originale del libro é: Quicksand house. Ho scelto di tradurlo con La Casa sulle Sabbie Mobili per mettere in risalto l’idea dell’autore, e cioè il concetto di questa casa che sembra quasi non avere fondamenta, che poggia su un terreno instabile, come quello delle sabbie mobili appunto. Una casa parzialmente in rovina e che si trova in un luogo che si sta ormai autodistruggendo.
Spero che questo mio “dietro le quinte” vi abbia interessato e suscitato qualche curiosità. Grazie per avermi seguita fino qui e adesso non mi resta che augurarvi una buona lettura!
[important]
Solo per questa settimana, da oggi e fino al 15 agosto, tutte le opere di Mellick costeranno solo 1,99 euro l’una. Ti manca qualche opera di Mellick o non lo hai mai letto? È il momento di comprarle tutte con una manciata di euro! Non farti sfuggire l’occasione di conoscere un autore dalla folle fantasia su Amazon (Kindle) e su MyBook.is (erede del precedente StreetLib Store, formati Kindle ed ePub).
[/important]
3 comments
1 ping
Articolo interessante: ho letto il romanzo e sono felice di aver evitato tutti gli “he/she says” originali.. sarei uscita pazza a leggerli tutti. Grazie alla traduttrice ed all’editore per il loro buon lavoro e per avermi fatto conoscere un po di “dietro le quinte”.
La qualità della traduzione si vede bene. Grazie Silvia!
Anche a me è piaciuta molto la traduzione e il libro scorre molto fluido come ci si aspetta da Mellick (ho letto lalcuni suoi libri in inglese e ho trovato sempre molto buone le traduzioni di Vaporteppa).
Volevo chiederti: ti sono capitati giochi di parole?
Nel caso come li risolvi?
[…] vi invito anche a leggere l’articolo scritto dalla traduttrice del libro, Silvia Sciascia, che chiarisce alcuni elementi dello stile di […]